L’ampio deficit di bilancio confermato dal Documento di economia e finanza di recente pubblicazione deve infatti essere finanziato tramite l’emissione di obbligazioni pubbliche e il rinnovamento dei titoli giunti a scadenza. Per il 2021 il governo ha previsto un rapporto deficit/Pil dell’11,8%, dopo il 9,5% del 2020 e fissando a 5,9% quello per il 2022. Alla fine di marzo, così come in gennaio e febbraio, lo Stato non ha accusato alcuna difficoltà in termini di liquidità, così come riportato nell’aggiornamento mensile del Tesoro: il totale delle disponibilità liquide ammontava a oltre 84 miliardi di euro al 31 marzo. Ciò non toglie l’impegno dello Stato nei confronti dei mercati finanziari.
Nel 2021 il Mef è chiamato a rinnovare 218 miliardi di euro di titoli di Stato a lungo termine giunti a scadenza, cifra che lieviterà a 249 miliardi nel 2023 per poi scendere progressivamente a 199 miliardi nel 2025 e 107 miliardi nel 2028 (i primi effetti della riduzione del deficit avvenuta nella prima metà del decennio scorso, anche se frutto di una mera proiezione che non tiene conto di eventuali nuove emissioni e altre variabili). Nel mese di maggio saranno 31,6 i miliardi di euro di titoli giunti a scadenza da rinnovare. In questo clima di elevato fabbisogno di liquidità (nonostante l’ampio ombrello garantito dal Pepp della Bce) il Mef sta lavorando su più fronti per differenziare i canali di finanziamento e il target degli investitori.
Settimana scorsa ha avuto luogo la terza emissione del Btp Futura, titolo di Stato italiano dedicato interamente alla clientela retail, ovvero quella dei piccoli risparmiatori. Un collocamento che presentava diverse incognite, in primis la modifica di alcune caratteristiche chiave del titolo. In questa terza emissione il “Futura” aveva una durata di vita di ben sedici anni, più elevata rispetto ai dieci e otto anni dei due predecessori. Il premio fedeltà, sempre collegato alla crescita del Pil italiano durante la vita del titolo e destinato unicamente a coloro che deterranno il titolo continuativamente dalla sottoscrizione alla scadenza, è stato frammentato in due tranche: la prima alla fine dei primi otto anni di vita, la seconda a scadenza. Intatta invece la struttura a step-up, ovvero con tassi di interesse annuali della cedola semestrale crescenti in maniera predeterminata ogni quattro anni. Nonostante le novità, il terzo “Futura” ha raccolto 5,48 miliardi di euro (un valore inferiore ma comparabile a quello della precedente emissione) con 132.296 contratti complessivamente sottoscritti. Il taglio medio è stato pari a 41.400,22 euro, a confermare il target dell’emissione e la tipologia di investitori ai quali il prodotto è diretto (per il 97%, oltretutto, domestici). Per citare la nota ufficiale del Mef: “Si può desumere che la partecipazione di investitori retail sia stata prevalente rispetto a quella del private banking (con una quota di rispettivamente 57 per cento e 43 per cento). All’interno della quota sottoscritta da investitori retail, si stima che circa il 66 per cento abbia inoltrato l’ordine attraverso le filiali delle reti bancarie (sia recandosi fisicamente in filiale sia inoltrando l’ordine a distanza), mentre circa il 34 per cento attraverso l’home banking”.
Lunedì 26 aprile il Mef ha anche reso noto di aver affidato a Citigroup, Deutsche Bank e Morgan Stanley una nuova emissione di Btp denominati in dollari. Questi titoli avranno tasso fisso, con scadenza a 3 e 30 anni (6 maggio 2024 e 6 maggio 2051). “L’emissione sarà effettuata nel prossimo futuro, in base alle condizioni di mercato. I proventi derivanti dall’emissione potranno essere impiegati dall’emittente per necessità generali, ivi incluse finalità di gestione del debito”, comunica il Tesoro. Martedì 27 aprile, inoltre, l’Italia ha emesso 3,75 miliardi di euro di Btp “short term” con scadenza 29 novembre 2022: il nuovo “brand”, che sostituisce i vecchi Ctz, nelle intenzioni dovrebbe attirare gli investitori esteri. L’asta in questione ha raccolto una domanda complessiva di 5,12 miliardi di euro, per un rendimento lordo fissato a -0,30%.