La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha pubblicato il report “Tempo di bilanci per lo smart working. Tra rischio retrocessioni e potenzialità inespresse”, che analizza l’andamento dello smart working in Italia che, durante l’emergenza sanitaria, ha interessato in particolare le aziende del Nord-ovest e di grandi dimensioni.
Tra maggio e giugno di quest’anno, a fase emergenziale conclusa, quasi il 40% del personale delle aziende con più di due addetti, occupato in modalità agile durante il lockdown, è tornato in sede.
Se nei mesi di emergenza piena (marzo-aprile) la percentuale di lavoratori che ha sperimentato l’home working si è attestata all’8,8% (a fronte dell’1,2% degli occupati in tale modalità nel pre-pandemia), nel bimestre maggio-giugno è scesa al 5,3%.
Sono questi alcuni dei dati contenuti nel report della Fondazione che, a partire dai dati Istat, ha tracciato anche i settori ed il profilo dei lavoratori potenzialmente occupabili da casa.
Il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca, ha dichiarato: “Non c’è da sorprendersi se con l’avvio della Fase 3 circa la metà dei lavoratori ha ripreso a lavorare in sede. Le aziende sono arrivate del tutto impreparate rispetto alla ‘sfida’ dell’home working. Una modalità di lavoro non del tutto radicata nel nostro Paese”. “Dobbiamo però fare in modo che l’esperienza di questi mesi non vada persa rendendo il lavoro agile più funzionale anche per quanto riguarda la valutazione della prestazione lavorativa, la verifica dei risultati, la sicurezza sul luogo di lavoro”.
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