La Corte di Cassazione, Sezione V Civile, con l’Ordinanza n. 25859 del 5 settembre 2023 ha richiamato il principio in base al quale, ove la controversia abbia ad oggetto l’impugnazione del rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo, o del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza, il contribuente è “attore” in senso non solo formale ma anche sostanziale, con la duplice conseguenza che “grava su di lui l’onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato” e che le argomentazioni con cui il Fisco nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita, “costituiscono mere difese, non soggette ad alcuna preclusione processuale”.
Dunque, la richiesta formulata dal Fisco di documentare l’esistenza del preteso credito, spiega la Cassazione, “può essere inquadrata nell’ambito della collaborazione che deve sussistere tra Amministrazione finanziaria e contribuente”.
“In tale prospettiva”, continua la Suprema Corte, “non è configurabile alcuna violazione del divieto di chiedere al contribuente documenti già in possesso dell’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 6, comma 4, della l. n. 212/2000″.