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Partite Iva, nel 2020 ne sono state aperte il 14,8% in meno rispetto al 2019: tutti i numeri dell’Osservatorio del Mef

Data di pubblicazione: 22 Febbraio 2021

Nel 2020 il numero di nuove partite Iva è crollato del 14,8% ma le chiusure si sono ridotte del 25%: la spiegazione dei dati (apparentemente) contrastanti pubblicati dal Mef. Come da tradizione il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato le rilevazioni dell’Osservatorio sulle partite Iva nell’anno appena concluso, analizzando i dati provenienti dal mondo del lavoro autonomo. Nel 2020 le nuove partite Iva registrate sono state circa 464.700, con una forte diminuzione rispetto al 2019, quantificabile in un -14,8%. L’emergenza sanitaria e la crisi economica hanno evidentemente colpito la capacità del sistema Italia di generare nuove attività imprenditoriali. Contestualmente al rapporto sull’anno 2020 preso nella sua interezza, il ministero ha pubblicato anche i dati relativi al solo quarto trimestre. Qui la caduta tendenziale, quindi sempre confrontata con il trimestre dell’anno precedente, registra una caduta di minore entità: -6,1% con 102.373 nuove partite Iva. Questo dato da una parte lancia un segnale di speranza, in quanto testimone di un tentativo di rilancio, ma dall’altra certifica ancora una lontananza sostanziale dai livelli pre-Covid.

I rapporti riguardo le aperture certificano l’andamento negativo. Allo stesso tempo, però, l’Osservatorio registra una altrettanto rilevante caduta nel numero delle partite Iva chiuse nel 2020 rispetto al 2019: “Diversamente dalle pubblicazioni precedenti, in considerazione dell’eccezionalità del 2020 si fa cenno anche ai dati delle chiusure di partita Iva, che normalmente non vengono esaminati perché non significativi da un punto di vista economico”. Ebbene, tra gennaio e dicembre 2020 le chiusure sono state 320.435 rispetto alle 427.623 riscontrate nel corso del 2019. Una contrazione di circa il 25%, che apparentemente si contrappone alla narrazione della crisi economica tracciata dalle statistiche macroeconomiche e dai dati relativi alle aperture di nuove partite Iva. Qui il Mef mette le mani avanti e specifica che ci sono almeno tre motivi per cui dati relativi alle chiusure andrebbero presi con le pinze o quantomeno soppesati: “1) alcuni contribuenti potrebbero comunicare tardivamente l’avvenuta cessazione di attività nel 2020; 2) il dato del 2019 potrebbe comprendere alcune cessazioni d’ufficio operate dall’Agenzia delle Entrate per non-operatività; 3) spesso il contribuente non ottempera all’obbligo di chiusura della partita Iva al momento della cessazione dell’attività”. In altre parole, i dati sulle chiusure delle partite Iva, così come altre statistiche, non sono perfettamente sincronizzate con il ciclo economico ma potrebbero essere soggette ad uno sfasamento. Bisognerà insomma attendere i dati del primo trimestre 2021 per tracciare le prime conclusioni sul numero relativo alle chiusure.

Tornando ai dati delle aperture, attualmente più rilevante, risulta che il 72,2% di queste siano state effettuate da persone fisiche, il 21% dalle società di capitali e solo il 3,4% dalle società di persone. Il 14,8% di riduzione globale è il frutto di un crollo di ciascuna delle sottocategorie: -19,5% per le società di persone, -16,3% per le società di capitali e -15,7% per le persone fisiche. Il settore delle vendite online, sottolinea la nota, potrebbe aver contribuito al  forte aumento di partite Iva avviate da soggetti non residenti: +42,9% rispetto al 2019.

Le aperture di partite Iva soggette al regime forfetario nel 2020 hanno raggiunto le 215.563 unità, un numero che se raffrontato al 2019 presenta una flessione del 18%, nonostante questo particolare regime abbia costituito comunque ben il 46,4% del totale di nuove partite Iva.

Autore: Dott. Gianmaria Vianova

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