Nell’anno della pandemia l’Italia ha perso 464mila occupati, con la caduta di quasi un punto percentuale dell’occupazione. Oltre quattro famiglie su dieci hanno ottenuto almeno un trasferimento monetario.
È ciò che emerge dall’analisi statistica integrata sviluppata da Istat sui dati del 2020, quelli dello scoppio della pandemia e della recessione più pesante dal dopoguerra. Stando ai nuovi numeri preparati da Istat nel 2020 il numero degli occupati si sarebbe infatti ridotto di 464mila unità rispetto all’anno precedente, con una riduzione del tasso di occupazione dal 59,0% al 58,1%. Questa riduzione degli occupati è accompagnata da una caduta dei disoccupati di 269mila unità. Una apparente contraddizione, legata però principalmente al grande aumento del numero degli inattivi, cresciuti in un anno di 567mila unità.
La fascia della popolazione più colpita dalla crisi è stata quella meno abbiente: il quinto della popolazione con reddito equivalente inferiore, infatti, ha registrato un +2,4% del tasso di inattività, contro il +1,3% del secondo quinto più povero.
Circa 10,6 milioni di famiglie (oltre quattro su dieci) hanno beneficiato di almeno una misura di sostegno al reddito. Tra queste, 1,6 milioni hanno percepito più di un sussidio. Quasi sei milioni di famiglie hanno beneficiato della Cassa integrazione, attivata per far fronte alla crisi lavorativa e proteggere per quanto possibile l’occupazione: “L’incidenza e la durata della CIG sono maggiori tra i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato nella settimana di riferimento dell’intervista (51,3%), fra i quali si osservano anche importi più elevati delle integrazioni, mentre l’intensità misurata in ore, è più alta tra i dipendenti a tempo determinato. Tra i dipendenti con contratti part-time si registrano una maggiore incidenza (50,8%) e una maggiore intensità della CIG (23,6% delle ore lavorabili) rispetto ai dipendenti a tempo pieno (con un’incidenza del 48% e il 18,6% delle ore lavorabili)”.
Da rilevare anche le misure di contenimento del contagio, come lo smart working. Nel 2020 il telelavoro ha subito un incremento passando dal 4,6% al 13,6% degli occupati totali. La diffusione del lavoro a distanza ha però riguardato le fasce di reddito in misura differente: nel quinto più ricco ha interessato il 24% degli occupati e solo il 7% degli occupati nei primi due quinti.
Registra Istat: “Utilizzando il campione di Forze di Lavoro integrato, si stima che nel 2020 il Reddito di cittadinanza abbia riguardato il 5,3% delle famiglie italiane. Le famiglie che lo percepiscono hanno una incidenza maggiore fra quelle con una intensità dell’istruzione bassa (7,7%), con una intensità occupazionale media – che corrisponde all’avere al loro interno soprattutto persone in cerca di lavoro (32,3%) – e composte da italiani e stranieri (12,3%) e solo da stranieri (11,4%). Secondo la distribuzione del reddito nel 2019, le famiglie beneficiare di RdC sono diffuse maggiormente nel quinto più povero e fra quelle con incertezza del reddito familiare molto alta”.