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Limiti al principio di “non contestazione” nel giudizio tributario

Data di pubblicazione: 17 Novembre 2020

Il principio di non contestazione, di cui all’art. 115, primo comma, cod. proc. civ., si applica anche nel processo tributario, ma, attesa l’indisponibilità dei diritti controversi, riguarda esclusivamente i profili probatori del fatto non contestato, e sempreché il giudice, in base alle risultanze ritualmente assunte nel processo, non ritenga di escluderne l’esistenza (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2196 del 06/02/2015).

In un caso di controversia relativa all’istanza di rimborso di un tributo, si è ulteriormente chiarito che “in tema di contenzioso tributario, il difetto di specifica contestazione (dei conteggi funzionali alla quantificazione del credito oggetto della pretesa dell’attore – contribuente, allorché il convenuto abbia negato l’esistenza di tale credito) può avere rilievo solo quando si riferisca a fatti non incompatibili con le ragioni della contestazione dell'”an debeatur”, poiché il principio di non contestazione opera sul piano della prova e non contrasta, né supera, il diverso principio per cui la mancata presa di posizione sul tema introdotto dal contribuente non restringe il “thema decidendum” ai soli motivi contestati se sia stato chiesto il rigetto dell’intera domanda (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9732 delel 12/05/2016).
Anche con recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha nuovamente affermato che «nel processo tributario, nell’ipotesi di ricorso contro l’avviso di accertamento, il principio di non contestazione non implica a carico dell’Amministrazione finanziaria, a fronte dei motivi di impugnazione proposti dal contribuente, un onere di allegazione ulteriore rispetto a quanto contestato mediante l’atto impositivo, in quanto detto atto costituisce nel suo complesso, nei limiti delle censure del ricorrente, l’oggetto del giudizio” (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 19806 del 23/07/2019).

Pertanto, alla luce dei suddetti principi richiamati, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25765 del 13.11.2020, ha ritenuto che la CTR dell’Emilia Romagna non abbia fatto corretta applicazione del principio di non contestazione, in quanto ha rigettato, senza alcun esame specifico, l’appello dell’amministrazione, volto a contestare la sentenza di primo grado ed a riaffermare la legittimità dell’avviso di accertamento e la valutazione degli immobili in esso contenuta (corrispondente al valore della perizia bancaria), ritenendo che l’Ufficio non avesse contestato la “formula di calcolo” per determinare il prezzo del singolo immobile in base alla quotazione OMI, con il coefficiente di correzione indicato dalla società contribuente, e che tale presunzione semplice, in assenza di contestazione, divenisse prova certa contro tutte le presunzioni alle quali aveva fatto ricorso l’accertamento dell’Ufficio.
La CTR avrebbe invece dovuto motivare sugli specifici elementi di fatto dedotti dall’Agenzia delle entrate, il cui ricorso trova pertanto accoglimento.

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