In caso di licenziamento intimato per inidoneità fisica o psichica, la violazione dell’obbligo datoriale di adibire il lavoratore ad alternative possibili mansioni, cui lo stesso sia idoneo e compatibili con il suo stato di salute, integra l’ipotesi di difetto di giustificazione, suscettibile di reintegrazione.
A chiarirlo la Corte di Cassazione, nell’Ordinanza n. 9937 del 12 aprile 2024.
Più in generale, viene precisato nell’ordinanza, vale comunque che, con la sentenza n. 125 del 2022, il Giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, settimo comma, secondo periodo, della l. n. 300 del 1970, come modificato dall’art. 1, comma 42, lettera b), della l. n. 92 del 2012, limitatamente alla parola «manifesta», con la conseguenza che, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ove sia stata accertata la “insussistenza del fatto”, fatto da intendersi nella giurisprudenza consolidata di questa Corte inaugurata da Cass. n. 10435 del 2018 comprensivo della impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore, va applicata la sanzione reintegratoria, senza che assuma rilevanza la valutazione circa la sussistenza, o meno, di una chiara, evidente e facilmente verificabile assenza dei presupposti dì legittimità del recesso.