La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26171 del 17.11.2020 afferma che non vi è alcun obbligo, per l’Agenzia delle Entrate, di convocare il contribuente che abbia presentato istanza di accertamento con adesione.
Ai sensi del secondo e terzo comma dell’art. 6 del d.lgs. 218/1997, il contribuente nei cui confronti sia stato notificato avviso di accertamento o di rettifica, non preceduto dall’invito di cui all’art. 5 “può formulare, anteriormente all’impugnazione dell’atto innanzi la commissione tributaria provinciale, istanza in carta libera di accertamento con adesione” e in tal caso “il termine per l’impugnazione è sospeso per un periodo di novanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza”. La Corte di Cassazione, come già ribadito con le sentenze n. 31472 del 3 dicembre 2019 e n. 28051 del 30 dicembre 2009, ha statuito che: “In tema di accertamento con adesione, la presentazione di istanza di definizione da parte del contribuente, ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 218 del 1997, non comporta l’inefficacia dell’avviso di accertamento, ma solo la sospensione del termine di impugnazione per un periodo di 90 giorni, decorsi i quali, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, l’accertamento diviene comunque definitivo, in assenza di impugnazione, anche se sia mancata la convocazione del contribuente, che costituisce per l’Ufficio non un obbligo, ma una facoltà, da esercitare in relazione ad una valutazione discrezionale del carattere di decisività degli elementi posti a base dell’accertamento e dell’opportunità di evitare la contestazione giudiziaria”.
Ne consegue che, trascorso il termine d’impugnazione così prorogato, l’avviso non può essere messo ulteriormente in discussione.
Attenzione quindi nel caso di silenzio da parte degli Uffici finanziari.
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