La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27155 del 27.11.2020 ribadisce il principio giurisprudenziale in base al quale in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il potere delle commissioni tributarie di dichiarare l'inapplicabilità delle sanzioni in caso di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle norme alle quali la violazione si riferisce, deve ritenersi sussistente quando la disciplina normativa si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso.
L'onere di allegare la ricorrenza di siffatti elementi di confusione, se esistenti, grava sul contribuente, sicché va escluso che il giudice tributario di merito debba decidere d'ufficio l'applicabilità dell'esimente, né, per conseguenza, che sia ammissibile una censura avente ad oggetto la mancata pronuncia d'ufficio sul punto (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 22890 del 25/10/2006, Rv. 595874; conf. Cass., Sez. 5,, Sentenza n. 4031 del 14/03/2012, Rv. 622002; Sez. 5, Sentenza n. 440 del 14/01/2015, Rv. 634427; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7067 del 2015).
Diversamente il giudice viola la regola processuale di cui all'art. 112, cod. proc. civ. oltre che quella speciale di cui all'art. 57, comma 2, DLgs. 546/1992, incorrendo nel vizio di ultrapetizione, che si verifica quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dalle parti.
Ove il contribuente deduca specifici vizi di invalidità dell'atto impugnato, il giudice deve attenersi all'esame di essi e non può, "ex officio", annullare il provvedimento impositivo per vizi diversi da quelli dedotti, anche se risultanti dagli stessi elementi acquisiti al giudizio, in quanto tali ulteriori profili di illegittimità debbono ritenersi estranei al "thema controversum", come definito dalle scelte del ricorrente (così Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17195 del 26/06/2019).
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