Con Ordinanza n. 583 del 4 febbraio il Consiglio di Stato torna ad esprimersi in merito all’obbligo vaccinale per il personale sanitario ribadendo che “il diritto all’autodeterminazione di quanti abbiano deciso di non vaccinarsi è da ritenersi recessivo rispetto alla tutela di beni supremi quale è la salute pubblica, specie in considerazione del fatto che il provvedimento di sospensione, ove adottato, non ha funzione sanzionatoria e non pregiudica in alcun modo il rapporto di lavoro”.
Dunque, le misure di contrasto alla pandemia “non risultano essere sproporzionate né discriminatorie, né lesive dei diritti fondamentali dei destinatari”.
Nel bilanciamento di interessi tra la salute pubblica e la libertà di autodeterminazione del singolo, tutti costituzionalmente rilevanti e legati a diritti fondamentali, deve ritenersi assolutamente prevalente la tutela della salute pubblica e, in particolare, degli utenti della sanità pubblica e privata e ciò sotto un profilo di solidarietà sociale nei confronti “delle categorie più fragili e dei soggetti più vulnerabili (per l’esistenza di pregresse morbilità, anche gravi, come i tumori o le cardiopatie, o per l’avanzato stato di età), che sono bisognosi di cura ed assistenza, spesso urgenti, e proprio per questo sono di frequente o di continuo a contatto con il personale sanitario o sociosanitario nei luoghi di cura e assistenza”.