L’atto impositivo che espone la valorizzazione ai fini IMU di un’area fabbricabile deve individuare, con accuratezza, l’impianto motivazionale ed il metodo che ha portato a determinare un certo valore di mercato. La mancanza di tali indicazioni nel corpo della motivazione dell’avviso di accertamento vizia irrimediabilmente, secondo gli insegnamenti della Corte di Cassazione, il provvedimento impositivo.
IL VALORE VENALE DELL’AREA EDIFICABILE AI FINI IMU
La normativa originaria di riferimento che disciplina la determinazione da parte dell’Ufficio comunale della base imponibile ai fini IMU di un’area fabbricabile risiede, come noto, nell’art. 5, del D.lgs. 30/12/1992, n. 504, riprodotto in larga parte nel testo dell’art. 1, co. 746 della L. 27/12/2019, n. 160.
Secondo tale disposizione per le aree fabbricabili, il valore e’ costituito da quello venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione, a far data dall’adozione degli strumenti urbanistici, avendo riguardo ai seguenti criteri:
- zona territoriale di ubicazione,
- indice di edificabilità,
- destinazione d’uso consentita,
- neri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione,
- prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche.
L’ATTRIBUZIONE DEL VALORE VENALE DELLE AREE FABBRICABILI: GLI ATTI IMPOSITIVI
L’avviso di accertamento esecutivo emesso dal Comune ai sensi dell’art. 1, commi 792 e ss. della l. 160/2019, assegna all’area fabbricabile un determinato valore venale in comune commercio.
Normalmente la determinazione della base imponibile cui commisurare l’aliquota dell’imposta è adottata sulla base:
- della dichiarazione IMU presentata con riferimento all’annualità oggetto di accertamento;
- del Regolamento Comunale attinente l’applicazione e la disciplina del tributo IMU, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale o della Giunta;
- delle informazioni acquisite d’ufficio a seguito di riscontro con l’Agenzia del Territorio.
In funzione di tali elementi la parte motiva dell’atto impositivo generalmente riepiloga i dati catastali, la percentuale di possesso, nonché il valore dell’area fabbricabile.
UNA POSSIBILE LINEA DIFENSIVA
Appare evidente che, l’atto impositivo che elenca unicamente i riferimenti catastali, il generico richiamo alle deliberazioni assembleari comunali ed il valore dell’area edificabile senza fornire idonee giustificazioni sui parametri che hanno condotto alla quantificazione del valore in comune commercio presenta, a nostro avviso, palesi vizi di legittimità sia in termini di carenza di motivazione che nel merito (1).
Vizio di motivazione dell’atto.
Come noto, in tema di motivazione dei provvedimenti amministrativi l’art. 7, L. 27/07/2000, n. 212 così dispone “…gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’art. 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. richiama…”. Anche alla luce dei principi dello Statuto del Contribuente; pertanto, la revisione del valore di un immobile deve essere motivata in termini che esplicitino in maniera intellegibile le specifiche giustificazioni del maggior valore (Cass., Sez. 5, 4/12/2016, n. 26709).
È quindi inaccettabile che gli Enti comunali “assegnino” un valore senza minimamente esplicitare le ragioni che stanno alla base dei criteri di determinazione; in altri termini l’avviso di accertamento esecutivo ai fini IMU, per quanto riguarda la valorizzazione dell’area fabbricabile, non costituisce un atto di mera liquidazione e quindi non può ritenersi motivato con la semplice dicitura “Omesso o carente versamento”.
In tal modo, l’indicazione di (qualsiasi) valore al metro quadro supposto dall’ente territoriale si risolve in una stima assolutamente apodittica, non fondata su alcun elemento giustificativo, neppure astrattamente esplicitato.
Congruità di determinazione del valore in comune commercio
Sotto un diverso profilo gli atti impositivi che definiscono il valore delle aree fabbricabili ai fini IMU appaiono censurabili anche nel merito se sforniti di una corretta ed equa valorizzazione adottata secondo i criteri imposti dall’art. 5, D.lgs. n. 504/92.
La giurisprudenza unanime della Corte di Cassazione, sez. V, Ordinanza 10/01/2017, n. 310 (conforme: sez. V, 19/12/2003, n. 19515; 15/06/2010, n. 14385; 11/05/2012, n. 7297; 27/02/2015, n. 4093; Ord. 11/03/2015, n. 4817) ha statuito che i criteri per individuare il valore cenale sono tassativi, sicché il giudice di merito, investito della questione del valore attribuito ad un’area fabbricabile, non può esimersi dal verificarne la corrispondenza ai suddetti parametri.
La vocazione edificatoria di un suolo formalizzata in uno strumento urbanistico non è sufficiente a far lievitare in modo sproporzionale, perché l’Amministrazione finanziaria ha l’obbligo di parametrare il valore venale dell’area, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’suo consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche.
Note:
(1) A beneficio dei lettori è proposta una traccia di ricorso avverso gli avvisi di accertamenti esecutivi notificati dai Comuni che determinano il valore in comune commercio dell’area fabbricabile.