Nei primi cinque mesi del 2020 le entrate tributarie scendono del 9,3% e “L’impatto della crisi sulle imprese è stato di intensità e rapidità straordinarie, determinando seri rischi per la sopravvivenza”. Il primo è un dato del Ministero dell’Economia e delle Finanze, la seconda una considerazione riportata dall’Istat nella sua recente nota, entrambe però cercano di razionalizzare il grave stato di difficoltà che sta affliggendo l’economia italiana in questo 2020. Una difficoltà, ci dice la Commissione Europea, che per Roma sarà la peggiore tra tutte le capitali della zona Euro. Previsioni a ribasso, quelle di Bruxelles, sempre più vicine allo scenario pessimista avanzato dal governo in sede di approvazione del Def: -11,2%, il doppio rispetto alla Germania.
Dalle previsioni ai dati effettivi, dalle ipotesi ai sintomi veri e propri. Il Mef ha comunicato che nel periodo gennaio-maggio 2020 le entrate tributarie erariali accertate in base al criterio della competenza giuridica ammontano a 149,73 miliardi di euro, facendo segnare una riduzione di 15,3 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2019. Nel mese di maggio, in particolare, il gettito si sarebbe ridotto del 27,1% in termini tendenziali, per gli effetti del Decreto Legge 8 aprile 2020, n°23, che “ha disposto il rinvio dei versamenti tributari e contributivi nelle zone colpite dall’emergenza”. Nel mese di maggio le imposte indirette si sono contratte di 7,46 miliardi di euro (il 35,4% in meno). Più della metà di questa contrazione è spiegabile dal crollo del gettito Iva pari a 3,84 miliardi di euro “dovuto sia al complessivo peggioramento congiunturale, sia al rinvio dei versamenti IVA per i soggetti, fiscalmente domiciliati nelle zone colpite dall’emergenza, con ricavi e compensi non superiori a due milioni di euro”. Allargando lo sguardo ai primi cinque mesi del 2020, le imposte dirette ammontano a 65,63 miliardi di euro e registrano una contrazione pari a 15,77 miliardi (-19,4%), dei quali 9,29 miliardi di mancata Iva. Le imposte dirette ammontano invece a 84,1 miliardi, con un lieve incremento di 0,47 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2019 (+0,6%), nonostante una riduzione nel gettito Irpef del 2,9% (ritoccato così a 74,54 miliardi di euro).
Il Mef sottolinea come l’andamento delle ritenute sui redditi dipendenti del settore privato si siano contratte del 7,8%, quelle sui lavoratori autonomi del 9,4%, mentre quelle sui redditi dei dipendenti pubblici abbiano registrato un incremento del 3,4%. Le entrate relative ai giochi, infine, ammontano a 3,84 miliardi di euro per i primi cinque mesi dell’anno, il 41,4% in meno rispetto al 2019 (-2,71 miliardi).
Nel frattempo Istat ha pubblicato una nuova nota mensile sull’andamento dell’economia italiana dedicando ampio spazio alla difficoltà di reazione del sistema produttivo italiano. È in questa sede che l’Istituto nazionale di statistica ha esposto la propria considerazione “L’impatto della crisi sulle imprese è stato di intensità e rapidità straordinarie, determinando seri rischi per la sopravvivenza”, riprendendo poi alcuni dati già pubblicati in precedenza. Stando alle interviste realizzate da Istat “il 38,8% delle imprese italiane, pari al 28,8% dell’occupazione, circa 3,6 milioni di addetti, e al 22,5% del valore aggiunto, circa 165 miliardi di euro, ha denunciato l’esistenza di fattori economici e organizzativi che ne mettono a rischio la sopravvivenza nel corso dell’anno”. Un pericolo correlato alla dimensione delle imprese del campione, più elevato tra le micro imprese (40,6%) e le piccole (33,5%), che però non salva nemmeno le imprese medie (22,4%) e grandi (18,8%).
La criticità operativa tocca i massimi livelli per le imprese di alloggio e ristorazione (65,2%) e il comparto dello sport, cultura e intrattenimento (61,5%). “La prospettiva di chiusura dell’attività è determinata prevalentemente dall’elevata caduta di fatturato (oltre il 50% in meno rispetto allo stesso periodo del 2019, Figura 7), che ha riguardato il 74% delle imprese e dal lockdown (59,7% delle imprese). I vincoli di liquidità (62,6% delle unità a rischio chiusura) e la contrazione della domanda (54,4%) costituiscono i principali fattori che hanno inciso sul deterioramento delle condizioni di operatività delle imprese mentre i vincoli di approvvigionamento dal lato dell’offerta hanno rappresentato un vincolo più contenuto (23%)”, spiega Istat.