Sono tanti gli studi che abbiamo avuto modo di seguire negli anni e sono davvero diversi l’uno dall’altro. Storia, passioni professionali, zona geografica, dimensione, obiettivi, successo riscontrato, età del professionista e del gruppo di lavoro… Insomma, è comprensibile che fornire un piano dettagliato che permetta di raggiungere qualunque obiettivo, partendo da situazioni così differenti, sia pura fantasia. Quantomeno, è al di fuori della mia portata. Tuttavia, seppur dissimili, esistono delle caratteristiche che accomunano gli studi e che mi permettono di provare a definire una traccia per la crescita che si applica ai più.
Il primo passo, senza ombra di dubbio, è mettere a posto lo studio. È di primaria importanza perché consente di costruire delle solide fondamenta per qualunque sviluppo successivo ed è particolarmente utile perché permette di lavorare su cose che già si hanno e che sono quindi concrete. Mettere a posto lo studio non vuol dire riordinare i faldoni, anche se dovresti fare anche quello. Significa entrare nel merito dei meccanismi con i quali viene prodotta marginalità e stabilire un piano di azione per le cose da mettere a posto. I bersagli sono: i rapporti economici con i clienti, alcuni dei quali devono essere rivisti; i “rami secchi” (e ci siamo capiti, sono quelli che non pagano); le tariffe applicate per le prestazioni e i meccanismi che determinano i costi dello studio. Con quest’ultimi non intendo gli stipendi del personale, ma, al contrario, ragionamenti sull’efficienza dei processi interni e la gestione dei corretti carichi di lavoro. In anni di operato, i modi di lavorare dello studio si sono stratificati come conseguenza dell’emergere di nuove problematiche e delle soluzioni che si sono trovate per affrontarle. Tuttavia, essendo aumentata la complessità del lavoro, cambiata la tecnologia e variati gli equilibri economici, è naturale che alcune decisioni non risultino più all’altezza delle possibilità attuali.
La sfida non è banale, ma si basa su una logica molto semplice: cosa succederebbe se avessimo gli occhi puntati sulle inefficienze e sulle cose che non vanno? Cosa accadrebbe se lo studio lavorasse continuamente alla gestione anche di piccole “perdite” causate da falle nell’organizzazione e nei metodi di lavoro?
Ebbene, si recupererebbe marginalità e si realizzerebbero “ore” che fino ad allora erano impegnate e bloccate da attività poco utili, o meglio, utili, ma più impegnative del dovuto. Per esempio, dimezzare i tempi di parcellazione o instradare i clienti all’utilizzo di un ambiente di condivisione documenti in cloud potrebbe recuperare centinaia di ore da dedicare ad altri clienti per attività valorizzabili. L’idea alla base è quella di rivedere alcune scelte di gestione grazie alla consapevolezza dei numeri del proprio operato, che troppo di frequente manca agli studi.
Una revisione in ottica di efficienza aiuta anche nella gestione della qualità del lavoro, permettendo alle persone di concentrarsi sulle cose che realmente vale la pena fare, invece che, come da consuetudine, su quelle che si fanno per pura abitudine e che sottraggono tempo e concentrazione. Più in generale, si dovrebbe adottare un approccio proattivo, mirato a dare valore concreto al cliente e, soprattutto, a rendere questo valore evidente. In questo modo, sarà possibile uscire dall’impasse legato alla percezione di “costo” che molti imprenditori hanno del supporto professionale ricevuto.
Il processo di “rimettere a posto lo studio” è un processo di miglioramento continuo, ma i risultati principali e più significativi si vedono all’inizio, in un periodo compreso tra i 6 e i 18 mesi, caratterizzato dalle “pulizie di primavera”, come mi piace definirle.
Seppure spesso si preferisca fare una cosa alla volta, anche durante il percorso di riorganizzazione possono essere implementate le prime attività di sviluppo della clientela o del mercato. Queste attività dovranno comprendere la configurazione del servizio, nuovo o comunque presentato al meglio per la proposta, e la gestione del supporto marketing, comunicativo e commerciale necessari. Troppo spesso noto studi che decidono di proporre una cosa nuova, ma una volta interessati i 2 o 3 clienti che erano certi di aderire all’iniziativa, non vanno oltre, giustificando il basso interesse degli altri con un banale “non capiscono” e dimenticando la responsabilità che si ha nel processo educativo del cliente. Il servizio senza il marketing di supporto risulta un’iniziativa imprenditoriale inefficace. Allo stesso modo, uno studio bravo nel marketing e nella vendita che però non bada al cliente e alla qualità, sarà minato nei risultati dai mille problemi che emergeranno come serpi dopo aver acquisito il lavoro. Insomma, le due funzioni devono andare di pari passo.
Confezionato il “pacchetto” che si vuole proporre, e soddisfatti dell’esito, si imposta il servizio:
Chi seguirà il cliente?
Quanto costerà allo studio seguirlo?
Quanto farò pagare il servizio?
Di quanti clienti ho bisogno e che obiettivo di fatturato?
Domande alle quali rispondiamo con il controllo di gestione e con la consapevolezza dei numeri. Non possiamo aver dubbi sui preventivi che escono dallo studio e la chiave è farli con metodo. Non possiamo aver dubbi su chi nella struttura abbia spazio per gestire il nuovo lavoro, altrimenti non saremo sufficientemente motivati a conquistare il nuovo cliente. Insomma, i numeri ci permettono di lavorare consapevolmente, di fissare degli obiettivi e di monitorare i risultati che otteniamo e questo si riflette anche sull’efficacia commerciale.
Che canali utilizzerò per arrivare ai clienti? Online, offline?
Che materiali devo produrre e come posso essere supportato dalla mia struttura?
Perché il cliente dovrebbe scegliere me?
Qual è la mia strategia e come la implementerò nel tempo? Che obiettivi prefissare?
Queste sono le domande che trovano risposta nell’anima marketing e commerciale dello studio, che forse oggi è assente, ma che può essere sviluppata con grande soddisfazione.
Un buon consiglio è quello di raggiungere i primi risultati lavorando sul parco clienti, per diversi motivi. Il primo è molto pratico: sono coloro che già si fidano di voi e del vostro operato; quindi, dovrebbe essere più semplice rispetto all’approccio con un perfetto sconosciuto. Il secondo è che un cliente che fa più cose con voi, e quindi che spende di più, in realtà è più legato a voi di qualcuno che sfrutta le opportunità dello studio in minima parte spendendo poco. Il terzo è che si tratta di un’ottima palestra per prendere confidenza con un’attività che magari non si è mai fatta in modo strutturato.
Un ottimo consiglio è quello di fare leva sulla tecnologia, creando contenuti di valore per il cliente e cercando di “moltiplicare” il vostro tempo. Per esempio: i video, gli scritti, i webinar o gli eventi, sono tutti strumenti che permettono di moltiplicare l’impatto e quindi il valore aggiunto del vostro contributo. Parlare con 100 persone (cosa non trascendentale per un video!) per 2 ore, equivale a 200 ore di divulgazione fatta da voi, un bel moltiplicatore!
Chi prende coscienza di sé e diventa capace di realizzare opportunità commerciali, esce dalla situazione di stallo e di stasi che ha intrappolato gli studi per gli ultimi anni e credo fermamente che ognuno di voi possa mettersi nelle condizioni di decidere il proprio futuro.
Infine, quello che separa quanto scritto da una sua efficace applicazione è il metodo con cui si approccia il cambiamento e la disciplina che si saprà trovare nel portare avanti le cose da fare. Se vogliamo parlarne meglio, potete scrivermi a l.losi@bdmassociati.it e vi invito a rimanere aggiornati con le attività di AteneoWeb perché stiamo organizzando insieme dei corsi specifici che tratteranno alcuni di questi temi.
Buon lavoro.
Lorenzo Losi