Con l’Ordinanza n. 3090 del 1 febbraio 2022 la Corte di Cassazione Civile si è espressa ini merito ai profili di inammissibilità di atti introduttivi di giudizi tributari ed, in particolare, relativamente alla disposizione di cui all’art. 53 del d. Lgs. n. 546 del 1992, nella parte in cui prevede, a pena di inammissibilità dell’appello, che esso contenga l’indicazione della commissione tributaria a cui è diretto.
Nel contenzioso fiscale, chiarisce la Suprema Corte, le cause di inammissibilità devono essere interpretate in senso restrittivo, e cioè riservando loro un limitato campo di operatività, comprensivo di quei soli casi nei quali il rigore estremo è davvero giustificato, tenendo inoltre presente l’insegnamento fornito dalla Corte costituzionale, secondo cui le disposizioni processuali tributarie devono essere lette in modo da tutelare le parti in posizione di parità e da “evitare irragionevoli sanzioni di inammissibilità”.
Dunque, è ammissibile l’appello che non riporta l’indicazione della commissione tributaria competente e a cui è diretto, sempre che l’appellato non dia prova di non aver subito pregiudizio.