Con sentenza n. 36 del 25 febbraio il Consiglio Nazionale Forense ha chiarito quali sono i criteri per determinare la sanzione disciplinare, specificandone aggravanti e attenuanti.
Accertata la sussistenza degli elementi idonei a sanzionare disciplinarmente la condotta del ricorrente, spiega il CNF, occorre determinarne l’entità, considerando, a tal fine, che agli organi disciplinari è riservato il potere di applicare la sanzione adeguata alla gravità ed alla natura del comportamento deontologicamente non corretto.
In particolare, la determinazione della sanzione disciplinare non è frutto di un mero calcolo matematico, ma è conseguenza della complessiva valutazione dei fatti (art. 21 cdf), avuto riguardo alla gravità dei comportamenti contestati, al grado della colpa o all’eventuale sussistenza del dolo ed alla sua intensità, al comportamento dell’incolpato precedente e successivo al fatto, alle circostanze, soggettive e oggettive, nel cui contesto è avvenuta la violazione, ai precedenti disciplinari, al pregiudizio eventualmente subito dalla parte assistita e dal cliente, nonché a particolari motivi di rilievo umano e familiare, come pure alla buona fede del professionista.