Benchmark e analisi dei dati per calcolare produttività e redditività dello Studio.
Il sogno con il quale tanti professionisti hanno avviato la propria attività negli anni passati si è infranto.
Infatti, come un vaso di coccio tra i vasi di ferro, buona parte della categoria si trova incastrata in ufficio a destreggiarsi tra le evoluzioni poco prevedibili del legislatore e le richieste dei clienti, che sfociano in notevoli difficoltà a ricondurre l’operatività a dei risultati economici soddisfacenti, o addirittura sostenibili.
Purtroppo, però, la trappola degli adempimenti, dalla quale tanti vorrebbero scappare, risulta ben costruita. Tutti vorrebbero liberarsi, ma come è possibile razionalizzare gli impegni quando la sommatoria degli onorari a mala pena permette dei risultati? Ogni tassello risulta importante, proprio come nel gioco Jenga (quella torre composta da parallelepipedi di legno che i giocatori si divertono a smontare stando attenti a non determinare crolli strutturali). Se crolla, è un disastro.
Eppure, nonostante le esigenze dei clienti “sembrino” più importanti, è fondamentale riportare l’attenzione dei professionisti agli obiettivi del proprio studio perché, come nel caso delle imprese, questi sono momenti difficili che non premieranno “il pilota automatico”, ovvero chi lavora sulla scorta di come si è sempre fatto.
Com’è possibile valutare i risultati della propria realtà professionale?
Oggi vi porto un condensato molto significativo di esperienze fatte con BDM Associati Srl, che ci hanno aiutato a diventare il punto di riferimento per il controllo di gestione degli studi professionali italiani. Voglio portarvi una cianografia di come valutare i risultati del proprio studio rispetto al mercato, condividendo con voi specifici benchmarks. Questi sono parametri di confronto derivati da un distillato dell’analisi di centinaia di realtà professionali e risultano essenziali quando lo studio vuole prendere consapevolezza di sé, dare un significato ai propri numeri e organizzarsi.
Spero di essere riuscito ad incuriosirvi, ma se non bastasse, vi ricordo che queste non sono informazioni facili da reperire.
Come si valuta il fatturato dello studio? Lo si valuta rispetto alle ore impiegate per conseguirlo, e lo stesso vale per i costi. È qui che entra in gioco il concetto di produttività oraria, ovvero l’indicatore (KPI) per eccellenza negli studi professionali. Essenzialmente, la produttività ci permette di capire come i risultati si rapportano alle risorse necessarie per conseguirli.
Analizziamo un caso pratico, che possa guidarvi nei calcoli per la vostra struttura: Lo studio Gamma.
La prima cosa da fare è stabilire la base di calcolo, ovvero le risorse (ore) che lo studio ha a disposizione:
Addetto |
Media giornate di presenza |
Quantità |
Ore presenza annuali |
Chiara |
220 |
8h (collaboratore) |
1.760 |
Bruno |
220 |
8h (collaboratore) |
1.760 |
Katia |
220 |
8h (collaboratore) |
1.760 |
Marco |
220 |
8h (collaboratore) |
1.760 |
Luisa |
220 |
10h (titolare) |
2.200 |
Paolo |
220 |
10h (titolare) |
2.200 |
Totale Ore Presenza |
11.440 |
Il dato ottenuto dalla somma delle ore di ciascun addetto e titolare di Studio rappresenta le risorse a “magazzino”, ovvero quelle ore che vengono da voi acquistate all’inizio dell’anno, per essere pagate mese dopo mese, e impiegate quotidianamente nel completamento delle attività. Usate bene o male, purtroppo, finiscono.
Il primo punto da chiarire è che non tutte queste ore possono raggiungere i clienti. Infatti, uno studio mediamente efficiente impiega il 20%-25% delle ore complessive in attività a corollario: parcellazione, formazione interna, pause, antiriciclaggio… I termini preposti a catalogare queste attività sono “ore generali”, “di studio” o “improduttive”.
Comprendo che tanti di voi stiano facendo mente locale sul proprio studio. Ebbene, è comune che pensandoci il 20%-25% vi sembri “poco”, ma è proprio questa l’utilità dei Benchmarks: aiutano ad andare oltre l’impressione e l’esperienza fatta sul proprio studio per comprendere cosa sta accadendo nel mercato e come si stanno muovendo le altre realtà.
Ovviamente, esistono realtà con bilanciamenti diversi. Per esempio, non è raro trovare studi che fanno solo consulenza che, a causa di maggiori investimenti per esempio in marketing, relazioni pubbliche e formazione, trovano il loro equilibrio a 35% di ore improduttive rispetto al totale. Questo non rappresenta un problema, ma ci fa capire perché i prezzi di queste società siano “elevati”: essi devono rendere conto del fatto che solo 65 ore su 100 sono “trasformabili” e valorizzabili nei confronti dei clienti.
Tuttavia, se state gestendo uno studio con un normale mix di lavoro, e vi sembra di avere tante ore impiegate in processi improduttivi, il benchmark ci dice che non è qualcosa di ineluttabile: tanti altri riescono a metterci di meno per svolgere la stessa attività.
Per esempio, la parcellazione può richiedere qualche ora a trimestre oppure 5 giorni. Riuscendo a trasformare il secondo processo per renderlo efficiente come il primo, ovvero comprimendo una settimana a poche ore, lo studio risolverebbe un grande problema, rendendo le ore reimpiegabili per attività a maggior valore aggiunto.
Più sono le ore “improduttive”, meno sono le ore che possono essere trasformate per i clienti e maggiore è il costo pieno di quest’ultime.
All’atto pratico quindi, per calcolare il costo e la resa delle vostre ore, la base di calcolo non potrà essere il 100% delle ore disponibili, ma piuttosto l’80%.
Tab. 2 – Ore Produttive / Improduttive dello Studio Gamma
Ore presenza 11.440 |
|
x 80% |
x 20% |
= 9.152 h |
= 2.288 h |
Produttive |
Improduttive |
La base di calcolo di questo studio è quindi l’80% delle ore (e dovreste fare così anche per i vostri calcoli), ovvero 9.152 ore complessive. Le 2.288 ore “improduttive” sono, come detto, un costo e quindi vengono distribuite sulle ore “produttive” per i nostri calcoli, proprio come tutti gli altri costi.
IL COSTO
A regime, il costo medio delle ore è abbastanza omogeneo tra gli studi su tutto il territorio nazionale e corrisponde a 40€/h di costo pieno. Questo include i costi figurativi, come la retribuzione di mercato del titolare, ed esclude costi non caratteristici o con logiche prettamente fiscali. A livello di composizione media, troviamo un bilanciamento di questo tipo:
Tab. 3 – Tabella calcolo costo ore
Calcolo costo ore |
|
Costo Diretto |
20 €/h |
Costo Indiretto |
12 €/h |
Costo Ore Improduttive |
8 €/h |
Costo Pieno Orario |
40 €/h |
40€/h è il dato medio di riferimento per il costo pieno. Un costo maggiore è sopportato per le ore dei titolari, uno minore per i dipendenti. Se il costo risultasse più alto dei 40€/h, a parità di attività, lo studio risulterebbe meno competitivo.
Come specificato, esistono realtà con strutture dei costi più importanti. Per esempio, lo studio di sola consulenza citato prima, probabilmente avrà costi elevati non solo per la già spiegata incidenza di ore improduttive, ma è ragionevole aspettarsi valori superiori anche nei costi diretti (retribuzioni) e in quelli indiretti (uffici e rappresentanza).
Ottenuto il dato di costo pieno effettivo, questo rappresenta il Break-Even Point ovvero il reale punto di pareggio, raggiunto il quale il risultato copre tutti i costi, incluso lo stipendio dei titolari. Tuttavia, questo livello di produttività non è capiente della generazione di margine effettivo. Il break-even point è il punto in cui il fatturato copre i costi; quindi, nella sua declinazione oraria, è il punto in cui fatturato/ore = costo/ore.
Dunque, se nella media lo studio non raggiunge una produttività di almeno 40€/h, calcolata come fatturato/ore produttive, i titolari sono costretti a compensare per questo basso risultato con maggiori ore rispetto a quelle per sé retribuite, ottenendo una remunerazione personale inferiore a quanto desumibile come stipendio di mercato per una figura equivalente. Nella media, il margine inizia ad essere presente con produttività orarie superiori ai 40€/h.
LA PRODUTTIVITÀ
Quando lo studio può definirsi ad un buon livello di produttività? La produttività è data da fatturato/ore produttive e dipende da che attività lo studio svolge. Per commercialisti e consulenti del lavoro, riesco ad essere molto specifico e nella media individuiamo questi valori di produttività obiettivo:
Tab. 4 – Calcolo Produttività oraria media tipologia di studio
Produttività oraria obiettivo e margine orario lordo |
|||
Consulente del lavoro |
Commercialista |
||
60 €/h – |
Produttività oraria media obiettivo |
55 €/h – |
Produttività oraria media obiettivo |
40 €/h = |
Costo medio di un’ora lavorativa |
40 €/h = |
Costo medio di un’ora lavorativa |
20 €/h |
Margine orario lordo |
15 €/h |
Margine orario lordo |
Altre tipologie di strutture, come architetti, avvocati, geometri, dovranno trovare il loro bilanciamento rispetto ai propri costi, che potrebbero essere inferiori, o anche molto superiori. Infatti, un dato medio, non contestualizzato, per queste professioni così eterogenee nella loro declinazione pratica, risulterebbe fuorviante. Al contrario, per studi commerciali e di consulenza del lavoro, questi dati obiettivo risultano sempre dimostrabili entrando nel dettaglio delle rese delle Aree Strategiche di Affari e dei clienti.
Questi dati di benchmark per la produttività, non rappresentano “il tetto” di quanto è raggiungibile, ma sono un indicatore di “spazio di recupero” per coloro che non li raggiungono.
La gestione di un’adeguata quantità di lavoro a prezzi coerenti con i valori delle prestazioni sul mercato, permette non solo di raggiungere, ma appunto di superare i valori indicati in tabella 4. Non raggiungerli significa che esistono dei difetti di taratura, al livello della gestione, che impediscono il raggiungimento di questo traguardo.
Concludiamo l’esempio dello studio Gamma:
Fatturato |
|
319.000€ : |
Magazzino ore produttive |
|
9.152h = |
Produttività Studio Gamma |
|
34,8 €/h |
|
|
|
Recupero sul B.E.P. (40€/h) |
|
Recupero rispetto al livello di mercato |
9.152h * 40€/h = 366.040 € |
|
9.152h * 55€/h = 503.360 € |
366.040€ 319.000€ = |
|
503.360€ 319.000€ = |
47.040 € Ovvero 5,2 €/h di recupero |
|
184.360 € Ovvero 20,2 €/h di recupero
|
Come potete notare, questo studio raggiunge una produttività media (fatturato/ore produttive) di 34,8€/h. Questo livello di produttività non genera una perdita a bilancio, ma notiamo che risulta deficitario di circa 47.080€ rispetto al reale punto di pareggio della struttura. Di conseguenza, i titolari stanno compensando per il mancato risultato con maggiori ore lavorate rispetto a quelle per sé retribuite. Infatti, a questo livello di produttività media, difficilmente i titolari riusciranno a retribuirsi più di un dipendente dello studio. Inoltre, a questo livello, qualunque variazione nelle condizioni economico finanziarie dei clienti, si riflette istantaneamente sulle tasche dei titolari e sulla sostenibilità della struttura.
Non finisce qua: rispetto al livello di mercato (55€/h) allo studio mancano 184.360€ di produttività annuale. Questo significa che, da una struttura con le stesse risorse a disposizione, possiamo ragionevolmente aspettarci un fatturato incrementale di circa 184.000€. Il rovescio della medaglia è che la struttura dovrebbe aver bisogno di meno risorse per ottenere lo stesso fatturato.
Come spesso succede però, questa “disponibilità di risorse” elude lo studio, che si trova sempre e per definizione “a tappo” con gli impegni e la gestione della clientela esistente (ricordate il jenga di cui parlavo all’inizio?).
Ebbene, come avrete capito, la soluzione sta nel ricercare un miglior utilizzo del proprio tempo. Infatti, dalla rilevazione delle attività può risultare chiaro come la struttura impiega le proprie risorse. Con la consapevolezza, il titolare si mette nelle condizioni di entrare nel merito di queste scelte, potendo indicare cosa vale la pena continuare a fare e cosa, invece, non è adeguatamente utile o economicamente sostenibile.
Nello Studio Gamma, come in ognuna delle vostre strutture, il fatturato mancante, o meglio la produttività definita come rapporto tra fatturato e ore lavorate, è da ricercarsi nella corretta gestione del lavoro. Ci sono 3 fattori che in misura minore o maggiore appesantiscono i risultati dello studio:
- sperequazione tariffaria tra i clienti: la significativa differenza tra le tariffe applicate è determinata da “forfait o prezzi” non capienti del servizio erogato oppure da dispersioni legate ai clienti e alla struttura.
- Mancata intercettazione e quindi valorizzazione delle attività extra forfait: in assenza di una rilevazione accurata, tante attività e quindi ore di lavoro finiscono “sotto la porta” non dando nemmeno modo allo Studio di rendere edotto il cliente dell’operato.
- Ore impiegate in attività poco utili o non remunerate: queste risorse dovrebbero essere reindirizzate dal titolare ad attività a maggiore valore aggiunto.
Tuttavia, senza una visibilità più dettagliata dei numeri, affrontare queste logiche di gestione risulta utopistico, perché esse si scontrerebbero con l’abitudine: come lo si è sempre fatto.
Spesso, il più grande limite al cambiamento è la paura di cambiare. La difficoltà risiede nell’immaginare e perseguire una strada diversa da quella già tracciata e conosciuta. Ebbene, spero che la conoscenza dei risultati di altre strutture simili alla vostra vi sia di stimolo per tornare al timone del vostro studio.
Non resta che fare i calcoli e rimboccarsi le maniche, solo voi potete costruire il risultato ed il futuro che vi meritate.