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Banca d’Italia, con lo stop del gas russo a maggio l’Italia andrà in recessione nel 2022 e 2023

Data di pubblicazione: 13 Aprile 2022

Una rapida risoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina non avrebbe effetti strutturali sull’economia italiana ma nel caso in cui la guerra dovesse protrarsi, con uno stop alle forniture di gas, l’Italia cadrà in recessione già nel 2022. Banca d’Italia prova a orientarsi in una fase particolarmente critica a livello geopolitico, in grado di riscrivere e ribaltare previsioni e certezze nel giro di poche settimane.

Nel suo ultimo bollettino economico, Banca d’Italia traccia tre scenari macroeconomici legati all’evoluzione del conflitto russo-ucraino, con relative criticità sul fronte dell’approvvigionamento energetico. Nello scenario più favorevole Palazzo Koch ipotizza una “rapida risoluzione del conflitto”, in grado di appianare le tensioni sul mercato delle materie prime e ripristinare la fiducia nel breve termine. Si tratta ovviamente di condizioni ottimistiche, forse persino idilliache: “Dalla metà del 2022 i prezzi del gas e del petrolio tornerebbero sui livelli attesi all’inizio di gennaio, annullando gli incrementi impliciti nelle attuali quotazioni dei futures e pari a circa 40 punti percentuali nel 2022 e a 50 punti nel 2023 per il gas, e a circa il 30 e il 20 per cento rispettivamente per il petrolio”. Con questo “ritorno alla normalità” la crescita del Pil si attesterebbe sul 3,0% per il 2022, scendendo poi all’1,8% nel 2023. Il tasso di inflazione invece avrebbe un picco del 4,0% nel 2022 per poi rientrare all’1,8% nel 2023.

Vi è poi uno scenario intermedio, che prevede il protrarsi della guerra. Banca d’Italia assume che la prosecuzione del conflitto russo-ucraino comprimerà nei prossimi due anni la domanda estera dei beni e dei servizi italiani di circa l’1%: “Si incorporano inoltre un deterioramento della fiducia e un aumento dell’incertezza, che si ipotizza abbiano tuttavia durata relativamente breve e si esauriscano all’inizio del prossimo anno”. Con queste ipotesi di partenza, il centro studi riduce drasticamente le previsioni di crescita del Pil già nel 2022, tagliandole al 2,2% e correggendole all’1,8% nel 2023. Il tasso di inflazione, per le tensioni sul mercato delle materie prime e non solo, si spingerebbe in media al 5,6% nell’anno corrente, per poi rientrare al 2,2% nel 2023. Una crescita inferiore dell’1,6% rispetto alle proiezioni avanzate soltanto lo scorso gennaio.

Banca d’Italia ha preparato anche uno scenario più grave, quello che in gergo si definirebbe “worst case scenario”. All’interno di questo scenario le ostilità non solo si prolungherebbero negli anni ma porterebbero come conseguenza una minore disponibilità di gas per l’Italia. Banca d’Italia fissa come termine il mese di maggio 2022: se le forniture russe dovessero essere sospese da maggio l’Italia si troverebbe con una disponibilità di gas ridotta di circa il 10% (nonostante l’aumento di forniture da fonti alternative, che al momento non sembrano essere neanche lontanamente vicine a rimpiazzare i flussi tradizionalmente garantiti dalla Russia): “Si considera l’ipotesi che la sospensione, in parte compensata mediante il ricorso ad altri fornitori, si traduca in una riduzione di circa il 10 per cento della produzione del settore della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata; si ipotizza inoltre che ciò generi strozzature per le sole attività manifatturiere caratterizzate da un’elevata intensità energetica”. In questo scenario, allo stato dell’arte da non eliminare dal tavolo, i vincoli alla produzione legati alla mancanza di energia e risorse si tramuterebbero in una riduzione del valore aggiunto dell’economia di circa l’1,5%. Scrive Banca d’Italia: “La più bassa disponibilità di gas determinerebbe verosimilmente anche una forte accentuazione degli effetti riconducibili agli altri canali di trasmissione. Si ipotizza in particolare che i prezzi del gas naturale si portino su livelli superiori a quelli dell’inizio di gennaio di 130 punti percentuali nel 2022 e di circa 90 nel 2023; il rialzo dei prezzi del petrolio sarebbe di circa 40 e 30 punti, rispettivamente”. In questo scenario più pessimista, l’Italia registrerebbe una recessione sia nel 2022 che nel 2023, con la contrazione del Pil in entrambi gli anni dello 0,1%.

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