Con l’ordinanza n. 22697 del 19.10.2020 la Corte di Cassazione ritorna sull’applicabilità dell’art. 14, comma 4 bis, della legge n. 537 del 1993 ed alle modifiche intervenute, applicabili, quale ius superveniens alla fattispecie in esame.
In tema d’imposte dei redditi, la Corte di Cassazione ha stabilito che: «ai sensi dell’art. 14, comma 4 bis, I. n. 537 del 1993 (nella formulazione introdotta dall’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv. in I. n. 44 del 2012), che opera in ragione del comma 3 della stessa disposizione, quale “ius superveniens” con efficacia retroattiva “in bonam partem”, sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una “frode carosello”), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell’ipotesi in cui l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che detti costi siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità, ai sensi dell’art.109, comma 1, d.P.R. 22/12/1986 n. 917 (v. relazione ministeriale di accompagnamento al citato d.I.), ovvero relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo» (cfr. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 17788 del 06/07/2018, Rv. 649801-01; Cass. n. 26461 del 2014, Rv. 633708-01).
La sentenza della CTR Lombardia impugnata ha, dunque, fatto mal governo dello ius superveniens più favorevole al contribuente, escludendo che i costi potessero essere ammessi in deduzione, per il solo fatto che l’acquirente fosse consapevole della frode, senza considerare quanto disciplinato dalla normativa richiamata.
Viceversa, la Commissione Tributaria Regionale, pur in presenza di operazioni inesistenti, avrebbe dovuto indagare, ai sensi dell’art.109, comma 1, d.P.R. 22/12/1986 n. 917, in primo luogo sulla “certezza” del costo rappresentato in fattura e, quindi, sulla sua inerenza, competenza, determinatezza o determinabilità.
Diventa così irrilevante il profilo psicologico dell’acquirente.
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