Ai fini dell’accesso al contributo a fondo perduto, previsto dall’art. 25 del Decreto Rilancio, è esclusa qualsiasi valutazione da parte dell’Agenzia Entrate circa la “regolarità fiscale” del contribuente.
A chiarirlo la Corte di Giustizia di secondo grado della Lombardia, alla luce del principio secondo il quale l’erogazione del suddetto contributo, per attribuire ai soggetti particolarmente colpiti dagli effetti della pandemia la liquidità necessaria a mantenere in vita le attività economiche, ha una evidente funzione “ristorativa” e non “premiale”.
Più precisamente, spipegano i giudici, l’erogazione del contributo prescinde da qualunque verifica dell’Agenzia in ordine a eventuali violazioni o debiti di natura tributaria, essendo subordinata al possesso di due soli requisiti, quali il limite dei ricavi inferiore a 5 milioni di euro e l’ammontare del fatturato del mese di aprile 2020 inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato del mese di aprile 2019.