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Definizione delle irregolarità formali: la rimozione delle irregolarità od omissioni

Data di pubblicazione: 28 Marzo 2023

La Definizione delle irregolarità formali (legge di bilancio 2023) prevede, oltre al pagamento di 200.00 euro per ciascuna annualità, che siano rimosse le irregolarità, infrazioni od omissioni entro il termine fissato per il versamento della seconda rata, cioè entro il 31 marzo 2024.

Come già precisato dall’Agenzia Entrate con la circolare del 15 maggio 2019, n. 11/E, in relazione alla precedente analoga definizione agevolata di cui all’articolo 9 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 se per un “giustificato motivo” non vengono rimosse tutte le violazioni formali dei periodi d’imposta oggetto di regolarizzazione, la stessa produce effetto se la rimozione avviene entro il termine non inferiore a 30 giorni indicato dall’ufficio delle Entrate. Tale circostanza potrebbe verificarsi, ad esempio, quando il contribuente, pur applicando la diligenza del buon padre di famiglia, non riesca ad individuare tutte le violazioni formali commesse, le quali, in tutto o in parte, potrebbero non essere di immediata percezione, anche in ragione della mancanza di effetti sostanziali sui tributi cui si riferiscono. La Circolare ha inoltre precisato che la mancata rimozione – spontanea o su invito – di tutte le irregolarità, non pregiudica il perfezionamento della definizione in riferimento alle altre violazioni correttamente regolarizzate all’interno del medesimo periodo d’imposta.

La rimozione non deve inoltre essere effettuata quando non è possibile o necessaria. Trattasi dei casi in cui è la stessa norma sanzionatoria a disporre la sola applicazione della sanzione.
Rientra nell’ipotesi in parola, ad esempio:
– la violazione del principio di competenza che non ha prodotto effetti sull’imposta complessivamente dovuta per i due periodi d’imposta di riferimento;
– a partire dal 1° gennaio 2018, l’addebito al cessionario o al committente di un’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella effettiva, purché l’imposta stessa sia stata assolta; in tale ipotesi il cessionario che ha detratto l’imposta riportata in fattura è punibile con una sanzione in misura fissa, ai sensi dell’articolo 6, comma 6, secondo periodo, del d.lgs. n. 471 del 1997 e conserva il diritto a detrazione. Pertanto la violazione può essere rimossa con il versamento dei 200 euro senza necessità di rimuovere anche l’errore;
– le violazioni in materia di inversione contabile, sanzionate ai commi 9-bis.1 e 9-bis.2 del citato articolo 6, sempre che la violazione non sia stata determinata da un intento di evasione o di frode e l’imposta sia stata effettivamente assolta;
– l’omessa presentazione della liquidazione periodica ex articolo 21-bis del d.l. n. 78 del 2010, purché i dati siano confluiti nella dichiarazione IVA annuale.

Non possono, invece, essere ricondotte nelle fattispecie sopra richiamate (irregolarità od omissioni per le quali non è più possibile o necessaria la rimozione) alcune violazioni formali la cui rimozione è comunque necessaria, quali, a titolo esemplificativo, ma non esaustivo:
– l’omissione o irregolarità delle dichiarazioni di cui agli articoli 3535-ter e 74-quinquies del decreto IVA; Le informazioni rese con tali dichiarazioni sono, infatti, utili al corretto esercizio dell’attività di controllo e alla notifica degli atti tributari. Va da sé che la rimozione della violazione per mezzo della definizione in parola non produce alcun effetto ai fini della regolarità della notifica degli atti eseguita nelle more della correzione;
– l’omessa restituzione dei questionari inviati dall’Agenzia o da altri soggetti autorizzati, ovvero la restituzione dei questionari con risposte incomplete o non veritiere;
– l’irregolare tenuta e conservazione delle scritture contabili.
– l’omessa, irregolare o incompleta presentazione degli elenchi Intrastat;
– l’omessa o irregolare presentazione delle comunicazioni di cui all’articolo 21 del d.l. n. 78 del 2010;
– l’omessa comunicazione riguardante la proroga dei contratti di locazione per i quali si è optato per la cedolare secca.
– l’omessa iscrizione al VIES. Sebbene la Corte di Giustizia UE con sentenza relativa alla causa C-21/16, depositata il 9 febbraio 2017, abbia confermato un orientamento ormai costante secondo cui la mancata iscrizione al VIES da parte del soggetto acquirente non preclude la possibilità di applicare il regime di esenzione IVA previsto per le cessioni intracomunitarie, non costituendo una condizione essenziale per poter beneficiare del regime di non imponibilità, né dalla direttiva IVA, né secondo la giurisprudenza della Corte UE, l’omissione va comunque sanata per consentire alle controparti commerciali di poter effettuare le opportune verifiche.

Studio Mario Rossi e Associati

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