Secondo l’ultima fotografia dell’Istat nel terzo trimestre 2022 il numero di dipendenti risulta essere in aumento, sia in termini di occupati (+1,0%) sia di posizioni lavorative nei settori dell’industria e dei servizi (+3,8%). Questa crescita dei dipendenti riguarda inoltre entrambe le categorie di lavoratori, a tempo indeterminato e a termine.
L’incremento dell’occupazione misurata in unità non coincide però con la variazione delle unità di lavoro equivalenti a tempo pieno. Nel terzo trimestre 2022 l’input di lavoro misurato in Ula segna infatti una minima variazione dello 0,1% rispetto al trimestre precedente. Positiva invece la variazione rispetto al terzo trimestre 2021, con un +2,7%.
La crescita delle posizioni lavorative a tempo indeterminato registra una crescita di 365mila unità rispetto allo stesso periodo del 2021. In crescita anche le posizioni a tempo determinato, che mettono a segno +201mila unità.
Istat ha analizzato la durata dei contratti a tempo determinato. Secondo i dati rilevati, nel terzo trimestre 2022 il 31,7% delle nuove posizioni lavorative ha una durata inferiore ai 30 giorni. Il 30,1% si colloca tra i due e i sei mesi mentre solo lo 0,6% superiore all’anno. Incidono sempre di più sul totale i contratti di breve durata: quasi uno su cinque di quelli attualmente attivi sono inferiori alla settimana. Queste medie però non sono particolarmente significative, essendo la varianza tra i diversi settori particolarmente ampia. Nell’industria in senso stretto i contratti superiori ai 61 giorni sono oltre sei su dieci. Nel commercio e nei trasporti questa quota supera i sette dipendenti su dieci. Ben diversa la condizione del settore dell’informazione e della comunicazione, con poco più del 6% del totale che appartengono a questa durata contrattuale.
Per quanto riguarda il lavoro a chiamata, somministrato e occasionale, invece: “Il lavoro a chiamata (intermittente) e quello in somministrazione sono tipologie contrattuali caratterizzate da una componente di stagionalità e da un’intensità lavorativa minore rispetto al lavoro standard. Queste figure lavorative, che hanno risentito più di altre degli effetti dovuti all’emergenza sanitaria, sono poi tornate a crescere. Nel terzo trimestre 2022, il numero dei lavoratori in somministrazione (482 mila unità) presenta una nuova crescita tendenziale (+14 mila unità corrispondenti a +3,0% in un anno, anche se molto meno sostenuta di quella registrata nei precedenti sei trimestri. Il numero medio delle giornate retribuite6 mostra un leggero aumento tendenziale (21,9 rispetto a 21,8 del terzo trimestre 2021). Nel terzo trimestre 2022, a ritmi via via meno intensi, per il sesto trimestre consecutivo prosegue anche l’aumento del numero di lavoratori intermittenti (+25 mila unità, +10,0% rispetto al terzo trimestre 2021) che si attestano a 271 mila unità. Secondo i dati Inps, i lavoratori a chiamata hanno svolto in media 11,3 giornate retribuite al mese (erano 11,6 giornate un anno prima)”.
Focalizzandosi sulla componente demografica è necessario sottolineare una differenza tra i maschi e le femmine. Le variazioni restano comunque particolarmente contenute, quindi i numeri vanno interpretati con cautela, tuttavia la variazione congiunturale dei maschi si attesta a +9mila unità mentre per le femmine si registra una discesa di 21mila unità. Nelle classi di età salta agli occhi la caduta nella fascia compresa tra i 35 e i 49 anni, con 148mila unità in meno nell’ultimo anno, mentre i compresi tra i 15 e i 34 anni salgono di 157mila unità e gli over50 di ben 28mila unità. La differenza nel tasso di occupazione però è pressoché prossima allo zero, suggerendo una forte incidenza dell’evoluzione della demografia italiana (con aumento dell’età media).