Il 2021 non è stato sufficiente a far recuperare il crollo della spesa dei consumi delle famiglie italiane registrato nel 2020. Secondo la stima preliminare dell’Istat infatti la spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia è stata pari a 2.439 euro nel 2021. Una cifra più alta del 4,7% rispetto al 2020, quando la media si fermava a 2.328 euro. Una crescita rilevante che porta la media mensile più vicina ma non ancora ai livelli del 2019. Nell’anno precedente alla crisi del Covid le famiglie italiane spendevano 2.560 euro al mese. La dinamica va comunque soppesata con la dinamica dell’inflazione, tornata decisamente rilevante all’interno delle statistiche: tolto l’aumento dell’indice dei prezzi al consumo la crescita della spesa delle famiglie si riduce ad un +2,8% rispetto al 2020. Come per altre categorie di rilevazioni statistiche, anche questa media risente di un sensibile discostamento delle tre diverse macroaree della Penisola: al Nord la spesa delle famiglie raggiunge i 2.676 euro mensili, al Centro i 2.588 euro e al Sud “soli” 1.985 euro complessivi.
C’è un elemento di cui bisogna tenere conto in questa analisi. La voce della spesa delle famiglie più rilevante è quella per alimentare, elettricità e gas, che nel 2021 risulta essere già più elevata rispetto al 2019 (1.382 contro 1.360 euro). Una variazione che non misura un effettiva ripresa dei consumi, e che deve essere “depurata” dai pesanti aumenti dei costi energetici registrati nella seconda metà del 2021. Gli stessi aumenti che hanno spinto in prima istanza l’inflazione su livelli record dall’inizio delle serie storiche. Ben visibile è invece la distanza della spesa media per abbigliamento, calzature, trasporti e cultura, che si trova sotto ai 541 euro mensili contro i 660 euro del 2019.
L’incidenza della povertà assoluta è scesa leggermente rispetto al 2020, passando dal 7,7% al 7,5% delle famiglie. Un numero che corrisponde poi al 9,4% degli individui complessivi. In termini numerici oltre 1,95 milioni di famiglie e circa 5,6 milioni di individui. Nell’insieme della povertà assoluta sono classificate le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore alla soglia di povertà assoluta, che rappresenta la spesa minima necessaria per acquisire beni e servizi che nel contesto italiano vengono considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile.
“Nonostante il rilevante aumento delle spese per consumi, la povertà è quindi sostanzialmente stabile rispetto al 2020 per via, da un lato, di un incremento più contenuto della spesa delle famiglie meno abbienti e, dall’altro, per la ripresa dell’inflazione (+1,9% nel 2021), senza la quale la quota di famiglie in povertà assoluta scenderebbe al 7,0% e quella degli individui all’8,8%”, commenta Istat. “Per meglio comprendere il contesto è utile ricordare anche gli effetti differenziati della crescita dei prezzi al consumo: nel 2021 l’indice armonizzato IPCA è stato infatti pari +2,4% per le famiglie con minore capacità di spesa e a +1,6% per quelle più abbienti”.
“La presenza di figli minori continua ad essere un fattore che espone maggiormente le famiglie al disagio; infatti l’incidenza di povertà assoluta si conferma elevata (11,5%) per le famiglie con almeno un figlio minore e nel caso di famiglie formate da coppie con 3 o più figli sale al 20,0%. La percentuale è decisamente più bassa e pari al 5,5% tra le famiglie con almeno un anziano (5,6% nel 2020, valore sostanzialmente stabile) a conferma dell’importante ruolo di protezione economica che i trasferimenti pensionistici assumono in ambito familiare”.