I contribuenti che effettuano rilevanti cessioni all’esportazione, cessioni intracomunitarie ed operazioni assimilate, potrebbero avere rilevanti crediti IVA nei confronti dell’Erario.
Le suddette operazioni, infatti, sono non imponibili ai fini IVA e, pertanto, i contribuenti che le pongono in essere, non percependo imposta a titolo di rivalsa dai propri cessionari o committenti, non possono abbattere il credito d’imposta che hanno realizzato al momento di effettuazione del relativo acquisto.
Un rimedio che permette a tali contribuenti di evitare il formarsi di un credito IVA significativo, è costituito dalla facoltà, ricorrendone i presupposti, di effettuare acquisti di beni, servizi ed importazioni senza applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.
I contribuenti che scelgono di avvalersi di tale facoltà, sono definiti correttamente come “esportatori abituali“.
Lo status di esportatore abituale, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. 746/1983, viene acquisito nel momento in cui le operazioni che concorrono alla formazione del plafond IVA nel periodo di riferimento (anno solare o dodici mesi precedenti a seconda che il contribuente utilizzi rispettivamente il metodo solare o il metodo mensile) risultano essere superiori del 10% rispetto al volume d’affari determinato ai sensi dell’articolo 20 del d.P.R. 633/1972, al netto delle cessioni di beni in transito o depositati nei luoghi soggetti a vigilanza doganale o delle operazioni di cui all’articolo 21, comma 6-bis, del d.P.R. 633/1972 (cessioni di beni e prestazioni di servizi diverse da quelle finanziarie e assicurative rese a soggetti passivi di altri Stati UE debitori d’imposta e cessioni di beni e prestazioni di servizi che si considerano effettuate fuori dall’UE).
Riportiamo di seguito un esempio esplicativo:
Si ipotizza che un contribuente abbia realizzato un volume d’affari pari ad euro 1.000,00, per tale ragione lo status di esportatore abituale verrà acquisito se l’ammontare delle operazioni che concorrono alla formazione del plafond IVA è pari o superiore a 101 (superiore al 10% del volume d’affari). Diversamente, lo status di esportatore abituale non sarà acquisito se l’ammontare delle operazioni che concorrono alla formazione del plafond IVA è pari o inferiore a 100 (uguale o inferiore al 10% del volume d’affari).
Il contribuente che rispetta i presupposti per acquisire lo status di esportatore abituale, può utilizzare lo stesso plafond IVA per acquistare, senza pagamento dell’imposta:
- beni di qualsiasi natura, ad eccezione dei fabbricati e delle aree edificabili;
- servizi di qualsiasi natura, anche se non inerenti all’attività di esportazione.
Inoltre, il plafond IVA potrebbe utilizzato anche per le importazioni dei beni sopra menzionati e per gli acquisti intracomunitari. Il plafond IVA, invece, non può essere utilizzato per l’acquisto di beni o servizi ad IVA indetraibile, anche per effetto del pro-rata. In aggiunta, il plafond non può essere utilizzato nemmeno con riferimento ad operazioni soggette al meccanismo del reverse charge.
A differenza delle operazioni attive, il momento in cui il plafond IVA si considera utilizzato, coincide:
- con il momento della consegna o spedizione per quanto riguarda i beni nazionali, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, del d.P.R. 633/1972;
- con il pagamento dei corrispettivi per quanto riguarda i servizi, ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del d.P.R. 633/1972;
- con la data di accettazione della bolletta doganale, invece, per quanto riguarda le importazioni, ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del TULD approvato con d.P.R. 43/73.
Nell’utilizzo del plafond IVA, sulla base di quanto sopra, quindi, devono essere considerate anche le operazioni per le quali non sono stati ancora ricevuti i relativi documenti, nonché le operazioni che non sono ancora registrate per effetto della dilazione concessa dal D.Lgs 313/97. In presenza di fatture differite ex articolo 21, comma 4, del d.P.R. 633/1972, il cessionario o committente dovrà computare l’acquisto con riferimento alla data di emissione del documento di trasporto.
A differenza del lato passivo, il calcolo del “plafond disponibile“, invece, va eseguito tenendo conto della registrazione delle fatture emesse. È necessario, pertanto, riferirsi alla data di emissione per le “fatture immediate” ovvero alla data di consegna o spedizione dei beni per le “fatture differite“.
In caso di fattura anticipata e di pagamenti di acconti, gli importi fatturati concorrono sia alla formazione dello status che alla determinazione del plafond disponibile nel periodo di riferimento.
Si precisa che, nell’ipotesi di esportazione, è necessario comprovare, con idonea documentazione, l’effettiva uscita dei beni dal territorio della Comunità. Se manca tale prova, occorre ridurre gli importi e regolarizzare eventuali acquisti effettuati senza pagamento di imposta con utilizzo del plafond.
La circolare n. 8/D del 27 febbraio 2003 dell’Agenzia delle Dogane, con riferimento al corretto trattamento delle note di variazione emesse, stabilisce quanto segue:
NOTE DI DEBITO: obbligatorie ex articolo 26, comma 1, d.P.R. 633/72:
- se emesse nel corso dell’anno vanno direttamente in aumento al plafond disponibile;
- se emesse l’anno successivo non devono aumentare il plafond disponibile di quell’anno ma del precedente in cui ha avuto origine l’operazione principale;
- se emesse in epoche ancora successive non possono aumentare il plafond disponibile negli anni in cui vengono registrate e non servono più ad aumentare il plafond disponibile relativo all’anno in cui è stata effettuata l’operazione principale, perché tale plafond ormai è già stato utilizzato. In definitiva, l’effetto va perduto.
NOTE DI CREDITO: facoltative ex articolo 26, comma 2, d.P.R. 633/72:
- se emesse (o non emesse) lo stesso anno dell’operazione principale riduce il plafond disponibile per lo stesso anno;
- se emesse (o non emesse) l’anno successivo non devono andare in diminuzione del disponibile in quell’anno;
- se emesse (o non emesse) in anni ancora successivi, vanno in diminuzione al plafond disponibile per l’anno in cui è stata effettuata l’operazione principale e potrebbe determinare per quell’anno uno splafonamento visto che ormai i termini per l’utilizzo sono scaduti.
Il contribuente, solo all’inizio di ciascun periodo, può decidere se utilizzare il plafond di cui dispone:
- con il sistema del plafond fisso (o solare): in tal caso, il periodo di riferimento coincide con le operazioni che concorrono alla formazione del plafond registrate nell’anno solare precedente. Questo metodo, a differenza di quello mobile o mensile, risulta essere più facile da gestire;
- con il sistema del plafond mobile (o mensile): in tal caso, il periodo di riferimento è individuato nei dodici mesi precedenti (dodici mesi mobili, non coincidenti necessariamente con l’anno solare); questo sistema può essere utilizzato dai contribuenti che hanno iniziato l’attività almeno da 12 mesi. Il plafond IVA con il sistema mobile o mensile, necessita di una maggiore attenzione operativa, ma presenta indiscussi vantaggi, in particolar modo per quelle aziende che prevedono di incrementare le operazioni non imponibili. Tale metodo, quindi, segue l’andamento aziendale.
Occorre precisare peraltro che:
- la scelta della tipologia di plafond va manifestata in sede di invio telematico della prima dichiarazione di intento per l’anno. Tale dichiarazione attesta la volontà del soggetto qualificato come esportatore abituale di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti e/o importazioni senza applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 8 co. 1 lett. c) del d.P.R. 633/72. La dichiarazione di intento, emessa dall’esportatore abituale, avvalendosi del modello DI, dev’essere trasmessa telematicamente all’Agenzia delle Entrate che a sua volta rilascia apposita ricevuta telematica dell’avvenuta ricezione. In sede di dichiarazione IVA annuale, l’esportatore abituale dovrà indicare mese per mese l’ammontare delle operazioni che formano il plafond e l’ammontare degli acquisti e delle importazioni effettuate senza applicazione dell’imposta (Quadro VC). In tal caso, è evidente che ci sarà una differenza tra le operazioni indicate nel Quadro VC e quelle indicate nel Quadro VF della dichiarazione IVA annuale, in quanto le prime seguono il criterio di effettuazione dell’operazione, mentre le seconde quello della registrazione. Si precisa, inoltre, che dal periodo d’imposta 2020, per effetto dell’articolo 12-septies del D.L. 34/2019, non è più previsto l’obbligo di invio delle lettere d’intento al fornitore, né l’obbligo di numerazione e registrazione delle stesse.
- una vota scelto un metodo, non è più possibile modificarlo nel corso dell’anno;
- è possibile passare da un metodo all’altro solo all’inizio di ciascun anno solare;
- eventuali splafonamenti per uso non corretto del plafond (sia fisso che mobile) possono essere, ovviamente, regolarizzati.
Con riferimento al plafond libero e vincolato, in base all’art. 8, comma 2, del d.P.R. n. 633/1972, i cessionari che intervengono in una operazione di triangolazione possono avvalersi del plafond di cui dispongono:
- integralmente per gli acquisti di beni che siano esportati nello stato originario nei sei mesi successivi alla loro consegna (plafond ad utilizzo vincolato);
- nei limiti della differenza tra il plafond complessivo di cui dispongono e l’ammontare delle cessioni dei beni effettuate nei loro confronti nello stesso anno senza I.V.A., in quanto esportate in triangolazione, per gli acquisti di altri beni o di servizi (plafond ad utilizzo libero).
I contribuenti che si trovano nella situazione di disporre di un plafond vincolato sono coloro che intervengono in una triangolazione in qualità di primo cessionario/secondo cedente (promotore della triangolazione).
Il provvedimento n. 293390, pubblicato dall’Agenzia delle Entrate, stabilisce i criteri su cui fondare la specifica attività di analisi di rischio e di controllo relativa ai soggetti esportatori abituali, come aveva previsto la legge di bilancio 2021 (art. 1 commi 1079-1083 della L. 178/2020). Tali nuove disposizioni hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2022.
A tal proposito, i soggetti che intendono effettuare acquisti non imponibili, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), del d.P.R. 633/1972, previa presentazione della dichiarazione d’intento, saranno sottoposti a specifiche procedure di analisi di rischio e di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate, allo scopo di verificare il possesso dei requisiti per poter essere qualificati esportatori abituali.
Le attività di analisi e di controllo sono effettuate mediante l’incrocio tra le informazioni contenute nelle dichiarazioni d’intento presentate dal contribuente con le informazioni disponibili nelle banche dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate e di quelle eventualmente acquisite da altre banche dati pubbliche o private.
In caso di esito irregolare dell’attività di analisi e controllo, potrebbero essere invalidate le dichiarazioni d’intento già presentate e inibito il rilascio di nuove. Contestualmente, l’Agenzia delle Entrate invia al soggetto emittente una comunicazione che riporta il protocollo di ricezione della dichiarazione d’intento invalidata e le relative motivazioni. La comunicazione è trasmessa mediante PEC all’indirizzo presente nell’Indice Nazionale degli indirizzi PEC delle imprese e dei professionisti, istituito presso il Ministero dello Sviluppo economico. Inoltre, in tale comunicazione sono indicate brevemente le anomalie riscontrate e l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate cui rivolgersi per ricevere informazioni e presentare la documentazione utile a dimostrare il possesso dei requisiti dell’esportatore abituale. L’Ufficio competente, qualora riscontri la mancanza o l’errata applicazione dei presupposti di fatto e di diritto che hanno condotto all’invalidazione, procede, in autotutela entro 30 giorni dalla data di ricevimento della documentazione presentata dal contribuente, alla rimozione del blocco sulla dichiarazione d’intento, dandone comunicazione al contribuente. Sarà informato anche il cedente o prestatore destinatario della lettera d’intento invalidata.
Sulla base dello stesso provvedimento, la valutazione del rischio è orientata, in via prioritaria, alla:
- analisi di criticità e anomalie direttamente desumibili dai dati esposti nelle dichiarazioni d’intento trasmesse;
- valorizzazione di particolari elementi di rischio individuati sulla posizione del titolare della ditta individuale o del legale rappresentante della società;
- individuazione di elementi di rischio connessi alla posizione fiscale del soggetto, persona fisica o giuridica, titolare della partita Iva, con particolare riferimento alle omissioni e\o incongruenze nell’adempimento degli obblighi di versamento o dichiarativi;
- individuazione di elementi di rischio derivanti dalle operazioni che concorrono alla formazione del plafond.
Ai fini dell’emissione della fattura elettronica per operazioni non imponibili, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), del d.P.R. 633/1972, da trasmettere allo SDI, nei confronti di un soggetto qualificato come esportatore abituale, si deve utilizzare necessariamente il tracciato XML della fattura ordinaria allegato al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 30 aprile 2018 e successive modificazioni.
La fattura elettronica emessa nei confronti di un soggetto che abbia acquisito la qualifica di esportatore abituale, deve riportare:
- nel campo 2.2.1.14 <Natura> il codice specifico N3.5 “Non imponibili – a seguito di dichiarazioni d’intento“;
- nel campo 2.2.1.16 <AltriDatiGestionali>, per ogni dichiarazione d’intento, deve essere riportata la dicitura “INTENTO“, il protocollo di ricezione della dichiarazione d’intento e il suo progressivo, nonché la data della ricevuta telematica rilasciata dall’Agenzia delle entrate.
Infine, l’invalidazione della dichiarazione d’intento comporta anche lo scarto della fattura elettronica trasmessa allo SDI, recante il titolo di non imponibilità ai fini IVA ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lett. c) del d.P.R. 633/72 e il numero di protocollo di ricezione della dichiarazione d’intento invalidata.
Le opinioni espresse nel presente contributo sono da ritenersi proprie dell’autore e non si riferiscono in alcun modo alla società di riferimento.