La Commissione europea ha versato sui conti dello Stato la prima tranche dei finanziamenti legati al Next generation Eu. Si tratta di 24,9 miliardi di euro, suddivisi in 8,96 miliardi di contributi a fondo perduto e 15,94 miliardi di prestiti, pari al 13% della cifra massima accordata di 191,5 miliardi di euro. Tale cifra sarà raggiunta solo nel 2026, ovvero al termine del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Dopo questa prima frazione di anticipo lo Stato potrà richiedere nuovi fondi al massimo due volte all’anno, come prevede il regolamento del Recovery and resilience facility, volgarmente “Recovery fund”: “Dopo aver raggiunto i traguardi e gli obiettivi concordati e indicati nel piano per la ripresa e la resilienza quale approvato in conformità dell’articolo 20, lo Stato membro interessato presenta alla Commissione una richiesta debitamente motivata relativa al pagamento del contributo finanziario e, se del caso, del prestito. Gli Stati membri possono presentare alla Commissione tali richieste di pagamento due volte l’anno”, come recita l’articolo 24 comma 2. Un aiuto non indifferente ma già previsto per le casse dello Stato, che comunque negli ultimi mesi non hanno lasciato trasparire segnali di debolezza.
Le disponibilità liquide del Tesoro sono infatti ai massimi. A dirlo è il bollettino sul conto disponibilità e impieghi proprio del ministero dell’Economia, che di mese in mese aggiorna lo stato della liquidità delle casse dello Stato. A Luglio 2021 il conto disponibilità ha raggiunto i 114,8 miliardi di euro, in netto aumento rispetto ai mesi precedenti e diverse lunghezze avanti i periodi più critici della crisi economica legata al Covid-19. Nel mese di giugno il conto disponibilità si limitava, per così dire, a 82,9 miliardi di euro, in costante diminuzione dal mese di aprile, quando le disponibilità avevano raggiunto i 101,3 miliardi di euro. Nel corso del 2020 si erano registrate cifre ben diverse e spesso ben più risicata. A dicembre 2020 il conto era sceso a 41,9 miliardi di euro, con una caduta progressiva al mese di agosto 2020 in cui si erano superati i 100 miliardi di euro. Il momento più critico va collocato però a marzo 2020, quando non era ancora stato avviato il Pepp (programma di acquisti pandemico della Bce) e il Mef accusava un forte stress in termini di rendimenti, con annesso timore di non riuscire a raccogliere i capitali sui mercati. Ebbene, in quel mese il conto era sceso sotto i 30 miliardi di euro, a 29,61 miliardi. Per fare un paragone basti pensare che cifre poco inferiori avevano caratterizzato l’inverno del 2011, mesi in cui lo spread tra Btp e Bund decennali aveva raggiunto i massimi storici e le tensioni in termini di solvibilità dello Stato erano palpabili. In quei mesi il conto disponibilità era sceso a 23,2 miliardi di euro (novembre 2011), solo 6,4 miliardi sotto i livelli registrati nella fase acuta del Covid.
Nel bollettino del secondo trimestre 2021 il Tesoro ha fatto il punto della situazione sullo stato delle obbligazioni pubbliche in circolazione. Stando al bollettino al 30 giugno 2021 i titoli di Stato circolanti ammontavano a 2.255,8 miliardi di euro, per gran parte Buoni del Tesoro Poliennali (i tradizionali Btp), che ammontavano a 1.633,9 miliardi. Seguivano per volume i CCtEu a 134,8 miliardi e i Bot a 123,0 miliardi di euro. Nel 2021 continua inoltre la dilatazione della vita dei media dei titoli di Stato, un processo in corso sin dal 2014 e che intende approfittare dei tassi di interesse favorevoli per assicurarsi un finanziamento a lungo termine con oneri finanziari contenuti per le casse dello Stato. La vita media ha così raggiunto i 7,11 anni, superando la soglia dei sette anni per la prima volta dal 2009. Nel 2014 l’anno in cui la vita media del “parco titoli” si è contratta di più, toccando i 6,38 anni. Nei prossimi mesi si prevede inoltre un ricambio corposo di titoli di Stato. Nel mese di settembre vanno infatti a scadenza 55,3 miliardi di euro, a ottobre 28,2 miliardi, a novembre 40,7 miliardi e a dicembre 28,9 miliardi di euro di titoli.