Nel 2019 la pressione fiscale è salita al 42,4%, in aumento per la prima volta negli ultimi cinque anni. A dare l’allarme è il documento “Analisi della pressione fiscale in Italia, in Europa e nel mondo” pubblicato in settimana dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e dalla Fondazione nazionale commercialisti. Nel dettagliato studio che fotografa lo stato della pressione fiscale in Italia nei confronti dei partner europei e mondiali risulta infatti come l’anno scorso, per la prima volta dopo un lustro, la tendenza si sia nuovamente invertita: nel 2019 la pressione fiscale italiana è salita portandosi al 42,4%, un incremento dello 0,7% rispetto al 2018. La frazione dei ricavi che se ne va in tributi è dell’1,4% superiore alla media europea e si colloca sesta nella graduatoria comunitaria.
Ha generato tuttavia scalpore il dato stimato dal Cndcec e Fnc che prende in considerazione il sommerso e l’economia illegale: al netto di queste ultime componenti (pari al 12% del Pil, secondo le stime), la pressione fiscale italiana raggiunge il 48,2%. Una percentuale che scalerebbe rapidamente la classifica dei regimi fiscali più aspri d’Europa piazzandosi al primo posto. Il documento ricorda anche che secondo la Nadef 2020 nel 2020 si assisterà alla medesima dinamica, con la pressione fiscale complessiva destinata a salire dello 0,1% e di un ulteriore 0,5% nel 2021. La pressione fiscale rispetto a quarant’anni fa risulta essere decisamente più pesante, per la precisione di ben 11,1 punti di Pil. Un aumento che è da imputare integralmente alla pressione tributaria (+11,3%) dato che la pressione contributiva si è leggermente ridotta (-0,2%). Stando all’elaborazione contenuta nel documento, sulla pressione tributaria nel 2019 (pari al 28,9%) pesa per una quota preponderante il livello centrale (24,7%) mentre a livello locale la percentuale risulta come di consueto più contenuta (4,2%). “La pressione fiscale è e resta alta, sbilanciata dal lato del lavoro rispetto al consumo, prevalentemente centrale, fortemente condizionata dall’esistenza di un vasto sommerso economico, pesantemente schiacciata dal livello della spesa pubblica. Nonostante il continuo richiamo alle semplificazioni è parcellizzata in una miriade di singoli tributi, mentre il prelievo risulta sempre più concentrato su poche imposte. Pertanto, ogni tentativo di ridurla si scontra con le esigenze del bilancio pubblico appesantito da un’elevata spesa sociale, da inefficienze e sprechi e dal servizio del debito”, il commento di Cndcec e Fnc.
Cndcec e Fnc passano in rassegna le varie tappe dell’aumento della pressione fiscale italiana. Pressione fiscale che, all’inizio degli anni ’80, si attestava di poco sopra il 30% ma che nel corso del decennio ha registrato un incremento di circa 8 punti percentuali. Il bilancio dello Stato era messo sotto pressione sia dall’aumento della spesa pubblica che, soprattutto, dall’incremento degli oneri finanziari sul debito pubblico (combinazione del “Divorzio” tra Tesoro e Banca d’Italia e dell’esplosione dei tassi reali in seguito al Volcker Shock negli Stati Uniti). Sebbene il deficit dello Stato andò anche in doppia cifra, l’avanzo primario in quel periodo cominciava la sua corsa verso il territorio positivo terminata solo all’inizio degli anni ’90. In quel decennio, tolti due picchi del 1993 (42,7%) e 1997 (42,3%), la pressione fiscale è andata scendendo sino al 2005, quando toccò il 39%. “La spesa per interessi sul debito, nel 1992 raggiunge il 29,2% delle entrate fiscali e nel 1993 il livello record del 29,5%. La stessa voce, però, crollerà subito dopo il 1996 e, a parte la parentesi negativa 2011-2013 […] continuerà a scendere fino al livello storicamente molto basso del 2019 (3,4% del Pil e 7,9% delle entrate fiscali)”. Dagli anni ’90 in poi una salita della pressione fiscale, dapprima per consolidare i parametri di Maastricht (3% di deficit su tutti) e in seguito per lo scoppio della crisi economica del 2008.
Con la crisi europea dei debiti sovrani che colpì anche l’Italia, i governi che si sono succeduti dopo il 2010 sono stati chiamati a notevoli sforzi per riequilibrare il bilancio Statale, portando la pressione fiscale ad un livello record nel 2013, al 43,4%. Da quell’anno in poi una progressiva discesa (accompagnata dalla seppur debole ripresa economica) proprio fino al 2019, anno in cui la pressione fiscale è tornata a crescere. È interessante osservare come proprio nel 2019 l’Italia abbia fatto registrare il rapporto tra deficit e Pil più contenuto dal 2007, a -1,6%.