Con il ricorso presentato, l’agente della riscossione si duole che la CTR abbia ritenuto inammissibile la produzione in grado di appello della documentazione attestante l’avvenuta notifica delle cartelle al contribuente.
La Corte di Cassazione con l’ordinanza 18883 dell’11.09.2020 ribadisce quella che è un'”anomalia” del processo tributario rispetto ad esempio a quello civile (di cui è espressione, da ultimo, Cass. 16/11/2018, n. 29568) secondo cui «Nel processo tributario, poiché l’art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992 consente la produzione in appello di qualsiasi documento, la stessa può essere effettuata anche dalla parte rimasta contumace in primo grado, poiché il divieto posto dall’art. 57 del detto decreto riguarda unicamente le eccezioni in senso stretto», tra cui non può essere ricompresa la deduzione di avvenuta notifica della cartella al contribuente.
Sul punto, di recente, Cass. 4/04/2018, n. 8313: «Nel processo tributario, la produzione di nuovi documenti in appello è generalmente ammessa ai sensi dell’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992: tale principio opera anche nell’ipotesi di deposito in sede di gravame dell’atto impositivo notificato, trattandosi di mera difesa, volta a contrastare le ragioni poste a fondamento del ricorso originario, e non di eccezione in senso stretto, per la quale opera la preclusione di cui all’art. 57 del detto decreto».
Le parti dovrebbero giocare a “carte scoperte” fin dall’inizio ed il consentire, per legge, la produzione di qualunque documento in grado di appello anche nell’ipotesi in cui lo stesso fosse già disponibile fin dal primo grado di giudizio, alimenta solamente il proliferarsi del contenzioso.
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