Con una audizione informale presso gli uffici di presidenza delle Commissioni Bilancio di Camera e Senato l’Ufficio parlamentare di bilancio fa il punto sul nuovo scostamento da 25 miliardi che il governo sta sottoponendo al Parlamento. Ampio spazio viene dedicato al tema delle integrazioni salariali, nel quale l’Upb ravvede una delle principali esigenze dietro l’autorizzazione di un ulteriore ampliamento della spesa pubblica. Il governo ha infatti richiesto al Parlamento, in data 23 luglio 2020, l’autorizzazione ad aggiornare il piano di rientro del saldo strutturale verso l’obiettivo di medio termine con un ulteriore scostamento di bilancio pari a 25 miliardi per l’anno corrente e 6,1 miliardi per il 2021 (a seguire gli anni successivi). Per Obiettivo di Medio Termine (OMT, da non confondere con le operazioni di acquisto straordinario della Bce aventi la medesima sigla) si intende il saldo di bilancio strutturale (entrate meno spese pubbliche al netto del ciclo economico) che preserva il Paese dal rischio di superare la soglia del 3% del Pil. Con questo nuovo scostamento da 25 miliardi l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche italiane, volgarmente il “deficit”, salirebbe all’11,9% del Pil con un debito pubblico al 157,6% del Pil.
Un aumento secco e senza precedenti rispetto allo scenario tendenziale riportato dagli ultimi Def (134,8%), tuttavia preventivato vista l’eccezionalità dell’attuale fase storica. “Il peggioramento rispetto al disavanzo dello scorso anno sarebbe ascrivibile sostanzialmente in misura simile, da una parte, agli effetti quantitativi diretti dei decreti già approvati (per 4,5 punti di PIL) e di quello in preparazione (1,5 punti di PIL) e, dall’altra, al combinarsi delle tendenze di fondo del bilancio pubblico con l’impatto sullo stesso del deterioramento congiunturale – soprattutto in termini di minori entrate – connesso alle misure di contenimento della diffusione del COVID-19 (lockdown)”, commenta l’Upb.
L’Ufficio Parlamentare di Bilancio prevede inoltre che il deficit potrebbe risultare dello 0,5% più elevato rispetto alle previsioni del governo e che il debito pubblico dovrebbe superare quota 160% del Pil nel 2020, contrariamente a quanto previsto dal governo.
Il cuore della relazione si è poi concentrato sulle integrazioni salariali, una delle motivazioni principali che hanno spinto l’esecutivo a richiedere un ulteriore scostamento. L’Upb mette subito le mani avanti: “L’opportunità della richiesta di ulteriori risorse per finanziare integrazioni salariali richiede innanzitutto di valutare quale ampiezza ha avuto l’applicazione delle misure poste in campo finora. La quantificazione è tuttavia al momento difficile”. L’Upb infatti pone l’accento sulla limitata disponibilità di informazioni e sulla difficoltà nel filtrare i dati in maniera efficace. Dai dati dei rapporti periodici dell’Inps sulle ore di integrazione utilizzate a marzo, aprile e maggio risulta che “Le ore di integrazioni salariali autorizzate mensili sono cresciute drasticamente ad aprile e maggio per poi dimezzarsi a giugno e nel trimestre marzo-maggio le integrazioni sono state utilizzare per poco più di 1,1 miliardi di ore, con un picco ad aprile per oltre 590 milioni di ore e un forte rallentamento nei mesi successivi […] i lavoratori che alla data del 9 luglio hanno percepito almeno una integrazione salariale COVID-19 sono pari a circa 5,5 milioni”.
L’Upb suggerisce di valutare “l’opportunità di prolungare integrazioni salariali prive di qualsiasi costo per l’impresa che le richiede (normalmente è dovuto il cosiddetto “ticket di tiraggio”, commisurato alla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro sospese e alla durata della sospensione), riservandole in modo selettivo alle imprese più colpite dalla crisi e in effettiva difficoltà economica”. Incrociando i dati del monitoraggio Inps e quelli della fatturazione elettronica dell’Agenzia delle entrate emerge infatti che circa un terzo delle ore di Cassa integrazione guadagni, Cassa integrazione in deroga e Fondi per la bilateralità sono stati utilizzati da imprese con perdite di fatturato superiori il 40% (rispetto al primo semestre 2019) ma altresì che un quarto delle ore è stato tirato da imprese che non hanno subito alcuna riduzione.