Il coronavirus è costato 280 miliardi di fatturato alle società di capitali italiane nel primo semestre 2020. Questo il risultato della simulazione riportata in un documento di ricerca della Fondazione nazionale commercialisti e dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili pubblicato nel mese di luglio. Gli autori hanno infatti raccolto i dati diffusi dall’Istat sull’impatto del lockdown e li hanno incrociati con i dati di bilancio delle società di capitali estratte dalla banca dati Aida: in tale modo è stato possibile condurre simulazioni con l’obiettivo di “cogliere l’entità dell’impatto sul fatturato delle società di capitali nel primo semestre dell’anno”. Gli autori precisano come si tratti di “simulazioni e non vere e proprie stime”, stima che è stata “resa particolarmente difficile sia dalla natura straordinaria di un fenomeno senza precedenti e, in quanto tale, impossibile da osservare con i modelli previsivi tradizionali, sia perché i dati congiunturali arrivano sempre con un certo ritardo”. L’analisi considera circa 830mila società che fatturano complessivamente circa 2.700 miliardi di euro, l’89% di tutte le imprese e l’85% di tutti gli operatori economici.
Al di là delle premesse, i risultati della simulazione non passano di certo inosservati agli occhi di un qualsiasi analista. Il documento stima che la perdita per il fatturato delle società di capitali ammonti a 280 miliardi di euro (-19,7%) per il primo semestre. Nel solo mese di aprile la perdita di fatturato, calcolata sulla base di simulazione, risulta pari a 93 miliardi di euro (-39,1%). Le stime del documento non riportano la collocazione geografica tra i fattori determinanti, nel senso che la crisi avrebbe colpito tutte le società di capitali indistintamente. Tuttavia, sarebbe il nord-est l’area più colpita, con 68,5 miliardi di euro di fatturato in meno nei primi sei mesi dell’anno (-21,3%), seguita dal Nord-Ovest con 118,5 miliardi di euro persi (-19,5%). Arriva poi il centro, con -62,4 miliardi di euro (-18,3%), quindi il meridione con -22,9 miliardi di euro (-21,1%) e infine le isole con -7,2 miliardi (-17,6%).
Secondo gli autori le differenze territoriali sono da imputare alle diverse strutture produttive, “soprattutto la diversa composizione del peso del fatturato proveniente dalle società industriali e del commercio che esprimono il peso maggiore in termini di fatturato delle società di capitali italiane e che risultano essere anche le attività più interessate dal lockdown”. Nel documento vengono quindi riportate le dieci province più colpite in termini percentuali: al primo posto Potenza, con un -29,1%, quindi Arezzo con -27,2% e Fermo con -26,3%. Giù dal podio (negativo) Chieti con -25,8% e Prato con -25,3%.
Per quanto riguarda gli effetti derivanti dall’impatto sul fatturato medio delle imprese si stima che l’arrivo della fase 1, 2 e anche 3 abbia portato ad una notevole contrazione e deviazione dallo scenario base. Se infatti nella fase pre-Covid (1 gennaio-22 febbraio) il fatturato delle imprese cresceva secondo le ipotesi del 5,4% annuo, nella fase Covid (23 febbraio-21marzo) il ritmo medio sarebbe sceso a 4,2%. La fase 1, legata al lockdown più stringente, ha visto una contrazione del fatturato del 41,4% per i settori chiusi per decreto. Con la fase 2 (4 maggio-14 giugno) l’effetto ripartenza avrebbe portato questa riduzione al 6,9%, quindi nella fase 3 (15-30 giugno) la percentuale sarebbe scesa allo 0,9%.