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Continua la discesa delle partite Iva, quasi 300mila artigiani in meno dal 2010

Data di pubblicazione: 02 Luglio 2020

Dal 2010 l’Italia ha perso 293mila artigiani e 47mila commercianti. È questa la sintesi dei dati pubblicati dall’Osservatorio dei Lavoratori autonomi dell’Inps, fotografia di un sistema economico affetto da una grave emorragia di partite Iva verso il lavoro subordinato. “Da dieci anni è in atto un vero e proprio processo di desertificazione del tessuto delle piccole partite IVA”, commenta il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. “Un lasso di tempo nel quale si evidenzia una sostanziale fuga dalla partita IVA a favore del lavoro subordinato e parasubordinato (che potrà forse essere contrastata dal potenziamento del regime forfetario fino a 65.000 euro di fatturato che decorre dal 2019) e un significativo incremento del livello medio degli assegni pensionistici. Una tendenza che, a parere della categoria, rischia di diventare irreversibile a causa dell’emergenza legata al coronavirus”. Il trend negativo sarebbe legato anche al genere del titolare: il numero degli artigiani maschi è sceso in maniera costante negli ultimi dieci anni da 1.444.878 (nel 2010) a 1.210.503 (nel 2019) mentre le femmine registrano un andamento più costante, sebbene nettamente inferiore in termini assoluti, passando dai 3022.484 del 2010 ai 289.350 del 2019. Sempre tra gli artigiani la classe di età più rappresentata è tra i 50 e i 59 anni (31,2%), seguita dalla fascia 40-49 (29,0%), dagli ultrasessantenni (18,4%), dalla fascia 30-39 (16,0%) e infine da chi ha meno di 30 anni (solo il 5,4%).

Ma ecco i numeri che hanno allarmato la categoria. Nel 2019 risultano iscritti alla gestione speciale dell’Inps 1.620.690 artigiani, l’1,1% in meno rispetto al 2018 (17.911). Una riduzione che fa il paio con quella del 2018, -1,6%, e di ogni anno a partire dal 2010 quando gli artigiani erano 1.913.664. Circa 292.975 in più rispetto al 2019. L’Inps riporta: “Analizzando la serie storica degli ultimi dieci anni, si rileva che il numero degli iscritti decresce di circa un punto percentuale fino al 2012, continua a decrescere di più di due punti percentuali annui dal 2012 al 2017, mentre tra il 2017 e il 2019 la flessione è per ogni anno di circa un punto e mezzo”. Lo stesso fenomeno è ravvisabile dall’altra parte del mondo delle partite Iva, quello dei commercianti. Il numero di quest’ultimi iscritti alla gestione speciale nel 2019 risultavano 2.163.158, lo 0,5% in meno del 2018 (11.827). Dato che assume dimensioni ben più marcate guardando al 2010, quando il numero di commercianti risultava toccare quota 2.210.014 (46.856 in più). “L’andamento dei lavoratori è crescente se pur di un solo punto percentuale per ciascun anno fino al 2012, rimane pressoché costante dal 2012 al 2014, decresce di circa mezzo punto percentuale tra il 2014 e il 2015, di un punto percentuale tra il 2015 e il 2017 e ancora di circa mezzo punto percentuale, per ciascun anno, dal 2017 al 2019” commenta Inps. A differenza degli artigiani, la rappresentanza di genere dei commercianti è meno sbilanciata e il trend dell’ultimo decennio è sovrapponibile: i maschi erano 1.295.006 nel 2010 e risultano 1.332.410 nel 2019, le femmine erano 668.065 nel 2010 e risultano essere 648.559 nel 2019.

“Tra i contribuenti che dichiarano redditi da attività di impresa o lavoro autonomo esercitate in forma individuale o associata, si registra in particolare il dimezzamento dei contribuenti che dichiarano redditi di impresa individuale in regime di contabilità ordinaria (si passa dai 270mila del 2008 ai 136mila del 2018) e un calo di oltre 400mila unità (-17,6%) con riguardo ai contribuenti che dichiarano redditi di impresa o di lavoro autonomo prodotti in forma associata”, commenta il Cndcec. Massimo Miani, Presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, ha aggiunto: “È del tutto evidente che, con la crisi innestata dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, la tendenza già in atto di riduzione del numero di contribuenti che esercitano attività di impresa e lavoro autonomo è destinata ad aumentare esponenzialmente, senza però trovare sbocco e assorbimento in un incremento della base occupazionale di lavoro subordinato e parasubordinato”.

Studio Mario Rossi e Associati

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